Perché i sacerdoti non parlano più del diavolo?

 

 

Padre Cantalamessa: «Che guaio aver dimenticato che il diavolo c'è»

 

Dopo l'intervento di Prosperi e le critiche del direttore di Radio Maria, il predicatore del Papa ammette che siamo in una fase di "silenzio sul demonio".

Padre Cantalamessa: "Che guaio aver dimenticato che il diavolo c'è". Davvero la Chiesa si è dimenticata del diavolo? Sul Corriere di ieri lo storico Adriano Prosperi ha documentato la scomparsa di Satana dalla predicazione e dalla teologia. Ma, nella stessa pagina, si faceva notare che al vertice della classifica dei libri religiosi c'è, da mesi, un libro intitolato "Il falsario", che il direttore di Radio Maria, padre Livio Fanzaga, ha scritto proprio per ricordare che il diavolo esiste. Sembra insomma di capire che, a fronte della reticenza dei pastori, sta un popolo di credenti che, invece, delle "cose ultime" vuol sentir parlare, eccome. Anche se sono sgradevoli.

Dunque, la predicazione della Chiesa è accusata di tacere un dato essenziale della fede. Ma è proprio vero? Forse nessuno è più indicato, per rispondere, di padre Raniero Cantalamessa, 66 anni, cappuccino. Da vent'anni è il predicatore ufficiale del Papa (il che significa che ogni venerdì, in Quaresima e in Avvento, Giovanni Paolo II ascolta le sue omelie); ed è anche il più popolare "predicatore televisivo": quando, negli anni scorsi, ha condotto la trasmissione del sabato sera su Rai Uno "Le ragioni della speranza" (che riprenderà dall'11 marzo) ha toccato i tre milioni di telespettatori.

- Padre Cantalamessa, le giriamo la domanda iniziale: davvero la Chiesa si è dimenticata del diavolo? "Certamente no, non se ne è dimenticata. C' è una maggiore discrezione nel parlarne, ma non bisogna pensare che sia venuta meno, nella Chiesa, la credenza nel demonio o che ci sia confusione su questo punto. Come ha ribadito Paolo VI, «il male non è più soltanto una deficienza, ma un'efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Una terribile realtà misteriosa e paurosa»".

- Ma non pensa che di questa "terribile realtà" oggi non si parli quasi mai? "Questo è vero, siamo in una fase caratterizzata dal 'silenzio sul demonio'. Un silenzio che corrisponde alla sua negazione. Il nemico non esiste più , oppure, se esiste, è solo il semplice male che l' uomo porta in sé. Il demonio è diventato un semplice simbolo dell'inconscio collettivo o dell'alienazione collettiva. Una metafora del male, insomma".

- E da cosa derivano questo "silenzio", questa "negazione"? "Da una posizione intellettualistica, che coinvolge anche certi teologi, i quali trovano impossibile credere nell'esistenza del demonio come entità non solo simbolica ma reale e personale. Il fatto è che gli intellettuali non trovano il diavolo perché lo cercano nel posto sbagliato, cioè nei libri. Ma al demonio non interessano i libri, interessano le anime".

- Quindi... "Quindi per rendersi conto dell'esistenza del diavolo non bisogna frequentare gli istituti universitari, le biblioteche e le accademie, ma le anime, specialmente certe anime. E guardi che non parlo dei peccatori e degli ossessi, ma soprattutto dei santi. In tutte le vite dei santi c'è la testimonianza della lotta contro questa oscura realtà . Così come nel Vangelo la prova più evidente dell'esistenza del diavolo non si ha nelle numerose liberazioni di ossessi, ma nell'episodio delle tentazioni di Gesu".

- Dunque, ha ancora senso, nel Duemila, parlare di Satana? "Certo. Va fatto con prudenza, e non bisogna ripetere le esagerazioni di una certa predicazione del passato, quando si è visto il demonio anche dove non c'era e si sono commessi torti e ingiustizie con il pretesto di combatterlo. Vedere il demonio dappertutto non è meno fuorviante che non vederlo. Ma guai a dimenticare ciò che è scritto nella Bibbia, dove il demonio - una potenza personale, intelligente - è presente fin dalla prima pagina. Certo, è stato sconfitto da Cristo sulla croce. Ma opera ancora, tentando di sedurre gli uomini. L'averlo dimenticato non ci ha resi più sereni, ma al contrario più ottusi e assuefatti di fronte agli orrori del male".

Michele Brambilla

 

Da il "Corriere della Sera" - domenica, 27 febbraio 2000

 

 

 

Il diavolo? Lo trovate dappertutto, ma non ha piu' le corna

 

Continua il nostro dibattito sul declino di Satana nella predicazione.

Maggiolini: "C’è una teologia razionalista che demitizza le Scritture". Il diavolo? Lo trovate dappertutto, ma non ha più le corna. Padre Fausti: "L’importante è smascherare le sue menzogne". "Sono convinto che satana stia irrompendo con eccezionale violenza nel contesto della nostra vita". Così scrive, nelle prime pagine del suo libro "Cosa fare con questi diavoli?" (edizioni Ancora, 318 pagine, 26.000 lire), don Raul Salvucci, un sacerdote che, dal 1975, esercita, su mandato del proprio vescovo, il ministero di esorcista. E aggiunge, don Salvucci, di essere molto "irritato con i pastori della Chiesa, perché non vedono questa realtà". Un prete che della lotta al demonio ha fatto la sua missione sembra dunque dare ragione a quanto scritto nei giorni scorsi dallo storico Adriano Prosperi sul "Corriere". E cioè che la Chiesa, sull’argomento diavolo, è passata da un estremo all’altro: dalle esagerazioni dei secoli passati al silenzio di oggi. Un silenzio incomprensibile se si pensa che l’esistenza del demonio è una componente essenziale della fede; testimoniata innumerevoli volte sia nell’Antico sia nel Nuovo Testamento, definita come dogma nel Concilio Lateranense IV (1215) e ribadita anche nel "Catechismo della Chiesa cattolica" del 1992.

Monsignor Alessandro Maggiolini, vescovo di Como, è l’unico teologo italiano chiamato dal Papa a partecipare alla redazione di questo ultimo "Catechismo". "E' vero che la teologia, quella un po' 'saputa', ha lasciato da parte questo tema - dice -. In particolare, c’è stata una certa teologia razionalista che ha cercato di demitizzare gran parte della Rivelazione. E così il diavolo è diventato una specie di fabulazione che proiettava nel campo religioso le paure del subconscio". Un errore? "Certo. Qualcuno dice: ma ha ancora senso, nel Duemila, parlare del diavolo? E io rispondo: come si fanno a spiegare fatti come l’Olocausto o i grandi massacri del comunismo, senza pensare a una forza molto più potente dell’uomo?".

"Certo che ha senso parlare ancora del diavolo" - dice padre Piero Gheddo, missionario noto anche come predicatore televisivo, avendo condotto per un paio di anni la rubrica religiosa del sabato sera su Rai Uno. "Ha senso parlare di tutto quello che c’è nelle Scritture. E nel Vangelo la presenza del diavolo è evidente. Ma attenzione a dire che la Chiesa non parla più di questi temi. La verità è che qui da noi, nell’Occidente secolarizzato, si cerca di adattare lo stile della predicazione - non certo i contenuti, sia chiaro - alla mentalità del tempo. Ma in altre parti del mondo, dove i missionari portano il Vangelo a popoli ancora pagani, la predicazione sul demonio è frequentissima".

E che in fondo sia cambiato solo il modo di parlare del diavolo è convinto anche padre Silvano Fausti, teologo gesuita, noto per le sue "letture" della Bibbia al Centro San Fedele e a Villa Pizzone di Milano, nonché autore di libri di successo (l’ultimo è "L’idiozia", edizioni Ancora, 128 pagine, 18.000 lire). "Non sono d'accordo con Prosperi: la Chiesa parla ancora del diavolo. Solo che lo fa in modo diverso da quello, ad esempio, del Seicento, all’epoca della caccia alle streghe. E per fortuna, aggiungo. Nel 1631 Friedrich von Spee, un gesuita, in un bellissimo libro intitolato 'Cautio criminalis', disse che la vera opera del demonio era proprio la caccia alle streghe, con quelle confessioni estorte con la tortura e avallate da illustri teologi. Oggi si parla del diavolo con uno stile perfettamente conforme alle Scritture - continua padre Fausti - nelle quali ci si sofferma sulle tentazioni e sui tormenti di chi è tentato, senza indugiare su chi è Satana o, peggio ancora, sul suo aspetto fisico. Così, la Chiesa cerca ora di aiutare tutti gli uomini a discernere su cosa è bene e cosa è male, perché l’astuzia più grande del diavolo è proprio confonderci su questo. Guardi, io penso che uno dei pericoli più gravi, nella nostra epoca, sia 'il delitto semantico', cioè l’uccisione del vero significato di una parola. Pensiamo, ad esempio, a quanto vengano usate a sproposito parole come 'libertà', 'amore', 'tolleranza', in nome delle quali si commettono crimini non meno gravi di quelli che imputiamo ai secoli passati. E l’inganno diabolico sta proprio nel farci credere di avere agito in nome dell’amore, della libertà e della tolleranza anche quando, invece, agiamo per il loro contrario. Ecco - conclude padre Fausti - mi sembra che parlare correttamente del diavolo, oggi, sia parlare di queste cose. Avvertire l’uomo di queste menzogne".

Michele Brambilla

 

Da il "Corriere della Sera" - domenica, 5 marzo 2000

 

 

 


 

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