L'ARTE DI RECITARE IL ROSARIO

 

 

 

L’ARTE DELLA PREGHIERA

La terza parte della Lettera del Papa sul Rosario, dal titolo: "Per me vivere è Cristo", e una lezione di spiritualità pratica. Ci conduce per mano a pregare in comunione con Cristo e con Maria, sotto la guida dello Spirito Santo, affinché in noi e fra di noi, come nella Madre del Signore, viva Cristo, e siamo assimilati ai misteri che meditiamo e alle preghiere che recitiamo. Possiamo parlare "dell’arte della preghiera", come lo stesso Giovanni Paolo II aveva suggerito nella sua Lettera Novo millennio ineunte (n. 32): "Per questa pedagogia della santità c’è bisogno di un cristianesimo che si distingua innanzitutto nell’arte della preghiera". Qui, concretamente, il Papa ci introduce a quest’arte, vale a dire alla bellezza e alla gioia di questa preghiera suscitata in noi dallo Spirito Santo.

 

RIPETERE CON AMORE

Una caratteristica del Rosario, come l’arte di una sinfonia che ritorna spesso sugli stessi motivi, è la ripetizione. Ma è una ripetizione che non si stanca di ritornare sulla persona amata, per ridire il suo amore. Siamo condotti a ritornare con lo sguardo e con le parole sulle persone amate con le quali si snoda il nostro colloquio: il Padre, invocato con le parole che Gesù ci ha insegnato. Cristo, contemplato nei suoi misteri, ricordato nel suo nome - Gesù! - in ogni invocazione rivolta alla sua Madre. Lo Spirito Santo, lodato con il Padre e il Figlio nel Gloria, che conclude ogni diecina di Ave Maria. Con più frequenza ripetiamo, come saluto e invocazione, il nome di Maria. Una ripetizione che non stanca e non si stanca, se è corredata dall’amore che si rinnova in ogni invocazione, anzi che cresce, si approfondisce, diventa sempre più incalzante, come la triplice dichiarazione di amore che Gesù ha sollecitato da Pietro (RVM, n. 26).

La ripetizione del nome di Dio, o di una frase, è metodo comune alla preghiera di molti popoli e religioni, come nel caso dell’induismo e dell’Islam. Ma è proprio della liturgia cristiana, specialmente nella tradizione bizantina dell’invocazione incessante del Kyrie eleison. Il Papa ricorda anche l’invocazione continua del nome di Gesù, o preghiera del cuore, propria della tradizione cristiana orientale (cfr. 27).

 

UNA PREGHIERA PERSONALE E COMUNITARIA

Sotto la guida dello Spirito, che "accorda" nell’unita dell’amore la nostra preghiera, e insieme personale e comunitaria. Egli conferisce ordine, armonia, bellezza, devozione. Per questo si può parlare di una preghiera semplice e universale, suscitata dallo Spirito nella Chiesa. In tal modo, da preghiera vocale diventa contemplativa, vissuta nella fede che crede e confessa, della speranza fiduciosa, dell’amore che fa vibrare il cuore mentre si ripetono le parole. È preghiera che fa partecipare tutta la persona. Ma ha un sapore comunitario, ecclesiale. Fatta da ciascuno ma in comunione con tutti; fatta da ognuno ma per tutti. Lo sottolinea la dimensione comunitaria del Padre nostro, dialogo dei figli nel Figlio, con il Padre, in una dimensione di fraternità nella Chiesa e nel mondo. E lo ripete l’accorata preghiera a Maria: "prega per noi, peccatori...". Il cuore si dilata per abbracciare tutta l’umanità.

 

PREGHIERA DEL CUORE, PREGHIERA DELLE LABBRA

La preghiera del Rosario ha la sua origine e la sua sorgente nel cuore. Il Rosario è, a suo modo, una preghiera del nome e una preghiera del cuore. Il suo vertice è l’invocazione Padre della preghiera del Signore, o il ricordo di Gesù alla fine dell’Ave Maria. L’altro polo della preghiera, l’abisso, è quello della nostra condizione di peccatori, nella richiesta di perdono dell’orazione del Signore, nell’accorata supplica che coinvolge in noi tutta l’umanità: prega per noi peccatori, nella speranza della salvezza: ora e nelI’ora della nostra morte. Ma tutto si trasforma in lode e ringraziamento per Maria, con Maria, a causa di Maria, piena di grazia e benedetta, Madre di Dio, in glorificazione della Trinità, alla fine di ogni mistero, pregustazione del paradiso. Il Rosario ha i ritmi di una sinfonia di amore che ripete con diverse armonie le parole essenziali dell’amore e della fede. Tutto grazie a un metodo, vivificato dallo Spirito Santo, che suscita in noi la contemplazione del mistero, la preghiera al Padre, la lode della Piena di grazia, l’invocazione del nome di Gesù, l’accorata supplica per la salvezza, la glorificazione trinitaria. Tutto esige l’attenzione dell’attimo presente per migliorare sempre la qualità della nostra preghiera (cfr. n. 28).

 

IL MOMENTO DELLA CONTEMPLAZIONE DEI MISTERI

Tutto inizia con un mistero che si enuncia, una scena che si propone alla nostra mente, per entrare in comunione con la realtà salvifica che ci viene offerta per essere contemplata e partecipata: dall’Annunciazione al Natale, dal Battesimo alla Cena, dalla preghiera nel Getsemani alla Crocifissione, dalla Risurrezione alla Assunzione di Maria in cielo. Un mistero da contemplare per un attimo, con l’immaginazione o anche con una immagine. Con la "composizione del luogo" dove avviene il mistero, come nella tradizione degli Esercizi di Ignazio di Loyola. Un attimo di contemplazione che ci permette quasi di essere presenti all’evento, contemporanei del mistero contemplato (cfr. n. 29).

Mistero illuminato dalla Parola biblica che lo illustra e lo attualizza. Dio con la sua parola, rivela e rende presente alla mente e al cuore il mistero enunciato. Parla oggi, parla a noi, parla a me. La parola del Vangelo che proclama il mistero lo avvicina, lo attualizza e richiama la nostra risposta nella preghiera. La Parola e la preghiera compongono il ritmo normale del dialogo. Dio ci parla con la sua parola, noi rispondiamo con la nostra preghiera (cfr. n. 30). Tutto è preceduto e seguito da un breve silenzio che accoglie e avvolge la parola, prepara la risposta, fa scaturire dalla profondità del cuore la preghiera ripetitiva che si nutre costantemente alle radici dell’amore, che attinge alle sorgenti dello Spirito, che prega in noi con gemiti inesprimibili (cfr. 31).

 

RIVOLTI AL PADRE

Ogni mistero si snoda sempre con gli occhi fissi nel Padre, dal quale proviene ogni dono e nella cui paternità sono iscritti i misteri di Cristo e di Maria. Tutti i cristiani possiamo ritrovarci nella preghiera del Signore: preghiera dei figli, preghiera del Regno, sintesi del Vangelo. Essa è invocazione e benedizione del nome del Padre celeste, supplica per la venuta del Regno, consacrazione totale di noi stessi nell’adempimento della sua volontà, richiesta fiduciosa del pane e del perdono, accorata invocazione per essere sorretti nella tentazione e liberati dal male. Il Padre con Cristo e ci riporta al suo seno dove egli riposa, ma ci ricorda che il Padre è misterioso protagonista, insieme con lo Spirito Santo, di ogni mistero del Figlio e della Madre, come ora appare con più evidenza in alcuni misteri luminosi, come nel Battesimo e nella Trasfigurazione (cfr. 32)

 

IN COMUNIONE CON MARIA

La ripetizione dell’Ave Maria e del Santa Maria ci ricollega ad una storia. La prima parte dell’invocazione (Ave Maria) si è, a poco a poco, formata in Oriente ed in Occidente nel primo millennio, sotto la guida dello Spirito Santo. I cristiani hanno voluto con spontaneità rivolgersi a Maria con le parole stesse del Vangelo dette dall’Angelo e da Elisabetta. Alcuni vedono in questa memoria evangelica i fondamenti di un rapporto vivo della prima comunità cristiana con la Vergine Madre, riconosciuta come "Piena di grazia", avvolta dalla presenza di Dio, di IHWH, che è con lei, "benedetta fra le donne", perché dono di benedizione è il frutto del suo seno, Gesù, "Madre del Signore, cioè di Dio". La seconda parte dell’Ave Maria, il Santa Maria, si è formata in Occidente nel secondo millennio. Con essa confessiamo che Maria è la Santa Madre di Dio e affidiamo alla sua protezione materna la salvezza ora e nell’ora della nostra morte. Ripetere l’Ave Maria, anche con la versione che in alcune lingue riprende il senso originale del saluto dell’Angelo ("Rallegrati!"), è andare con la memoria e ridire a Maria quanto all’inizio della sua esperienza hanno detto l’Angelo da parte di Dio ed Elisabetta, con un linguaggio che riassume in Maria tutta la storia d’Israele. Partecipiamo, come ricorda il Papa, del giubilo del cielo nel saluto alla Vergine. Confessiamo la maternità divina di Maria. Però nelle due parti della preghiera siamo tutti indirizzati da Maria a Cristo: dal saluto alla Vergine, "Ave Maria", alla contemplazione di Gesù "frutto benedetto" della Vergine Madre. Confessando Maria come Madre di Dio, noi confessiamo Cristo, vero Dio e vero uomo. Chiediamo a Maria la sua intercessione, ci affidiamo alla sua preghiera: adesso, nel momento presente della vita, ma anche in previsione del momento finale, definitivo, quello del passaggio dalla morte alla vita, dove si accumuleranno nel cuore della Madre gli echi delle migliaia di volte che abbiamo chiesto la sua intercessione nel momento decisivo del passaggio alla casa del Padre (cfr. n. 33).

 

DA MARIA ALLA TRINITÀ

Ogni mistero, sostenuto e arricchito dalla recita del Padre nostro e di dieci Ave Maria, si chiude con la glorificazione della Trinità, Padre, Figlio, Spirito Santo. Ed è come il culmine della contemplazione, il momento che anticipa in terra quello che vorremmo essere in cielo: lode di gloria della Trinità. Ci ricorda il legame indissolubile fra Maria e la Trinità. Maria è il celeste piano inclinato che fa scendere il cielo in terra, ma anche la scala celeste che ci permette di risalire dalla terra al cielo. E l’insegnamento essenziale, la bellezza suprema del Rosario, la preghiera che ci conduce, con Maria, al mistero che è sorgente e meta di tutto: la Trinità (cfr. n. 34).

 

ALCUNI DETTAGLI COMPLEMENTARI

La Lettera del Papa illustra ancora l’arte della preghiera mariana con qualche dettaglio iniziale e finale: la possibilità di una breve introduzione, una conclusione per le intenzioni del Papa, una giaculatoria per ogni mistero, la Salve Regina o le litanie. Queste invocazioni ricordano in formule bibliche o della tradizione i tanti titoli della Vergine Maria. Recitiamo le invocazioni e siamo invitati a rispecchiarci in Maria, Il Papa segnala anche il valore della corona, come strumento che in qualche modo scandisce, nel contare le Ave Maria, il ritmo del nostro cammino spirituale. E ricorda come ora, aggiunti i misteri della luce, bisogna ridistribuire i venti misteri del Rosario: i gioiosi per il lunedì e il sabato, i dolorosi per il martedì e il venerdì, i misteri della luce per il giovedì e quelli gloriosi per il mercoledì e la domenica (cfr. nn. 35-38).

 

CONCLUSIONE

Il Rosario, da preghiera semplice diventa cammino di santità, nella misura che ci immette, con quest’arte del pregare, nella comunione dello Spirito Santo, ci rende attenti a tutto il mistero di Cristo e di Maria, ci aiuta ad avere in noi costantemente, con la forza della parola di Dio e delle formule della preghiera della Chiesa, gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù e furono nel cuore della Madre. Possiamo percorrere il cammino di Cristo, cammino di gioia e di luce, di dolore e di gloria, in comunione con colei che, per prima e per tutti, ha percorso il cammino di Cristo. E ci insegna il suo e il nostro cammino, per vivere nel santo Rosario i suoi misteri: la "via Mariae", il cammino di Maria (cfr. n. 24).

P. Jesus Castellano Cervera ocd.

 

 

 

 

Da Per maggiori informazioni cliccare sul logo n.15 - novembre 2003 (per maggiori informazioni cliccare sul logo).
Pubblicato da "Profezie per il Terzo Millennio" su autorizzazione del
direttore di redazione di "Fede e Cultura", don Guglielmo Fichera.

 


 

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