CHIESA E DEMOCRAZIA

 

 

 

Il dottor Riccardo Novi, vive a Fauglia (Pisa). È laureato in Giurisprudenza con tesi in diritto canonico. Si è iscritto alla Facoltà di Diritto Canonico della Pontificia Università della Santa Croce a Roma presso la quale, tra poco, dovrebbe conseguire la relativa licenza. A Roma, su indicazione del suo Vescovo, sta frequentando il corso biennale per conseguire il diploma in dottrina sociale della Chiesa organizzato dalla Fondazione Centesimus Annus in collaborazione con l’Università Lateranense. Appartiene alla diocesi di San Miniato (tra Pisa e Firenze), fa parte del Consiglio pastorale diocesano e del Centro diocesano di formazione socio-politica mons. Torello Pierazzi voluto dal Vescovo per la diffusione della dottrina sociale della Chiesa.

 

DUE DIMENSIONI

La Chiesa è stata fondata dal divino Redentore come comunità visibile, organica e gerarchica. In questa società "vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità ed all’agire" (Lumen gentium, 32). Nella teandrica costituzione del mistico corpo del Signore queste due dimensioni si completano, si perfezionano e si richiamano a vicenda.

 

UGUAGLIANZA DI DIGNITÀ

Il Concilio vaticano II ha approfondito ed insegnato con forza l’esistenza di una fondamentale uguaglianza nella dignità e nell’agire tra tutti i membri della Chiesa, la promozione della partecipazione attiva di tutti i fedeli, la loro cooperazione all’edificazione del Regno di Dio, la collaborazione tra ministri ordinati e fedeli: "Questo popolo ha per condizione la dignità e la libertà dei figli di Dio" (Lumen gentium, 9b). Il concetto di uguaglianza, tuttavia, non può avere nella comunità ecclesiale un significato ideologico, non può presentarsi in maniera unilaterale e faziosa ma deve essere inserito nel mistero della Chiesa.

 

STRUTTURA GERARCHICA

Lo stesso concetto di "communio" dell’ecclesiologia conciliare non esclude, anzi presuppone, insieme alla uguale dignità di tutti i fedeli, la gerarchica struttura della Chiesa. Tale dimensione non mortifica ma innalza la dignità stessa di tutti e ciascuno i componenti del mistico corpo di Cristo. La Chiesa non è un popolo formato da una massa informe, disorganizzata e indistinta di persone prive di una loro identità, quasi fossero mere ruote od ingranaggi di un sistema. No! La Chiesa, ricorda san Paolo, è il Corpo del Signore. Come nel corpo ogni parte, ogni organo e tutte le membra svolgono una funzione diversa, se pur coordinata, con le altre, così avviene nel Corpo di Cristo che è la Chiesa: "Come in un solo corpo abbiamo molte membra, e non tutte le membra hanno la stessa azione, così noi molti siamo un corpo solo" (Rm. 12,4). Il Magistero, in conformità al divino insegnamento, ricorda costantemente che la Chiesa è stata fondata dal Redentore quale organismo gerarchico. Tale struttura della comunità ecclesiale non ha una valenza contingente e transeunte bensì costituisce elemento essenziale ed inalienabile della sua costituzione, appartiene al diritto divino, allo stesso deposito della Fede e non è soggetta ad alcuna modifica, neppure per mano della Chiesa stessa, rimarrà infatti inalterata fino alla fine dei tempi.

 

IL SACRAMENTO DELL’ORDINE

La struttura gerarchica della Chiesa poggia sul sacramento dell’ordine o sacerdozio gerarchico che si differenzia per essenza e non solo per grado da quello comune (Lumen gentium, 10; CDF Mysterium ecclesiae, 6; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1547). Gerarchia è una parola che deriva dal greco (hierarchia: hieròs = sacro; arché = principio - origine) e significa "sacro principio". Ora questo sacro principio è costituito dal sacramento dell’ordine, dalla Successione apostolica, senza i quali non ci sarebbe la Chiesa. Quindi, nella Chiesa, la parola gerarchia individua il sacramento dell’ordine e tutti i poteri e le funzioni specifiche che da esso scaturiscono, poteri e funzioni che hanno e possono esercitare solo coloro che hanno ricevuto il Sacramento.

Il fondamento sacramentale della gerarchia risiede, quindi, nella valida ricezione del sacramento dell’ordine in uno dei suoi tre gradi: episcopato, presbiterato e diaconato. Come il battesimo anche l’ordine è un sacramento che imprime il carattere.

Ciò rappresenta un aspetto essenziale del ministero gerarchico. Una volta che un battezzato diventa diacono, presbitero o vescovo rimane tale per tutta la vita e nessuna autorità umana può rimuovere o eliminare quella condizione ontologica. Ciò fa sì che la sacra gerarchia sia una realtà legata sacramentalmente, ontologicamente, a determinate persone e non potrà mai esser ridotta o collegata al semplice esercizio di determinate funzioni ecclesiali. L’essere un ministro sacro, quindi, in nessuna maniera costituisce un ruolo ecclesiale di cui può disporre l’assemblea o la comunità cristiana. I poteri gerarchici implicano la partecipazione al potere di Cristo, sia come capo, nel caso di coloro che possiedono il sacerdozio ministeriale (vescovi e sacerdoti), sia come servo, nel caso dei diaconi. La missione affidata da Cristo agli Apostoli durerà fino alla fine dei tempi, per questo Essi ebbero cura di costituirsi come successori i Vescovi e questi assunsero come loro collaboratori i sacerdoti:

"Gli Apostoli furono dunque, ad un tempo, il seme del Nuovo Israele e l’origine della sacra gerarchia" (Ad gentes, 5) ed ancora "qualunque ministero sacerdotale partecipa della stessa ampiezza universale affidata da Cristo agli Apostoli" (Presbyterorum ordinis, 10, a). Le differenze che il Signore ha voluto stabilire fra le membra del suo corpo sono tuttavia poste in funzione dell’unità dello stesso, per realizzare una vera unità e una vera comunione. L’intrinseca ed inalienabile struttura gerarchica della comunità ecclesiale è inoltre splendidamente significata dall’Eucaristia. Se è vero, come è vero, che la Chiesa vive dell’Eucaristia e che Essa "racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa" (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucaristia, 1) ne discende, necessariamente, che la costituzione della Chiesa è essenzialmente gerarchica. Infatti, se la Chiesa è fondata sull’Eucaristia ed il mistero eucaristico non può esser celebrato, in nessuna comunità, se non da un sacerdote ordinato (Concilio Lateranense IV, cap. I; CDF, Lettera Sacerdotium ministeriale, III, 4 in AAS (1983), 1006; Giovanni Paolo II Ecclesia de Eucaristia, 29), ne consegue che il sacerdozio ministeriale, quindi la struttura gerarchica, è elemento essenziale nella costituzione del mistico corpo del Signore. In questa prospettiva riusciamo ad intravedere una mirabile continuità nel Magistero della Chiesa, dei Pontefici.

 

IL CONCILIO DI TRENTO

Il Concilio di Trento, in maniera inequivocabile, decretava la costituzione gerarchica della Chiesa come ordinamento divino appartenente allo stesso deposito della Fede: "Capitolo I: Il sacrificio e il sacerdozio per divino ordinamento sono talmente congiunti che l’uno e l’altro sono esistiti sotto ogni legge. E poiché nel nuovo Testamento la chiesa cattolica ha ricevuto dalla istituzione stessa del Signore il santo visibile sacrificio dell’eucaristia, bisogna anche confessare che vi è in essa anche il nuovo e visibile sacerdozio, in cui è stato trasferito l’antico (354)...".

 

ERRORI PROTESTANTI

Lo stesso Concilio, riprovava il funesto errore di coloro che andavano diffondendo dottrine errate: "Se qualcuno afferma che tutti i cristiani, senza distinzione, sono sacerdoti del nuovo Testamento, o che tutti godono fra di essi di uno stesso potere spirituale, allora costui non sembra far altro che sconvolgere la gerarchia ecclesiastica, che è come un esercito schierato a battaglia (357)". Con grande chiarezza il sacro Concilio sancisce che: nella ordinazione dei vescovi, dei sacerdoti e degli altri ordini non si richieda così necessariamente il consenso, o la chiamata o l’autorità del popolo o di qualsiasi potestà o autorità secolare, da render nulla, senza di esse, l’ordinazione. Anzi, quelli che, chiamati e costituiti solo dal popolo o dal potere e dall’autorità secolare si appressano ad esercitare questi ministeri, e quelli che se li arrogano di propria temerità, sono tutti non ministri della chiesa, ma ladri e rapinatori, che non sono entrati dalla porta (360)". A coloro che si ostinavano a perseverare nell’errore negando valore alla sacra gerarchia della Chiesa si ricordava che: "Se qualcuno dice che nella chiesa cattolica non vi è una gerarchia istituita per disposizione divina, e formata di vescovi, sacerdoti e ministri, sia anatema" (Concilio di Trento, Sessione XIII cap. I ss., Canoni sulla dottrina vera e cattolica del sacramento dell’ordine e condanna degli errori del nostro tempo).

 

RIPROPOSTI VECCHI ERRORI
CAPOVOLTA LA VERITÀ

Tuttavia, neppure i lapidari canoni del Concilio di Trento furono sufficienti a fugare l’errore. Secoli più tardi Gregorio XVI, nel condannare proposizioni eretiche, faceva esplicito riferimento al tridentino: "D’altra parte, è del tutto evidente, per tutti costoro, che la gerarchia ecclesiastica costituita per divino ordinamento e definita verità di fede dai Padri del Tridentino, è stata capovolta, e sono stati reintrodotti gli errori delle proposizioni 6, 7, 8 e 9 espressamente proscritti dalla predetta Costituzione dogmatica Auctorem fidef." (Quo graviora, 4 ottobre 1833).

Per venire al magistero dei pontefici del secolo scorso ricordiamo che San Pio X, già agli inizi del ‘900, preoccupato per il diffondersi di errate dottrine sulla costituzione della Chiesa, chiaramente ricordava che: "La Chiesa fu edificata sopra Pietro, capo della gerarchia apostolica e sopra i suoi successori" (San Pio X, motu proprio Sacrorum antistitum, 1910) ed ancora: "La sacra Scrittura ci insegna e la Tradizione dei Padri ci conferma che la Chiesa è il corpo mistico di Gesù Cristo, corpo guidato dai Pastori e dai dottori ...la Chiesa è per sua natura società ineguale" (San Pio X, Vehementer nos, 1906). Condannando alcune deviazioni poste in atto da associazioni nate in seno alla Chiesa affermava: "...non è più che un miserabile affluente del grande movimento di apostasia, organizzato in tutti i paesi per l’edificazione di una chiesa universale la quale non avrà né dogmi né gerarchia" (San Pio X, Notre charge, 1910). Nel trattare poi degli errori ormai sostenuti anche da cattolici e da ecclesiatici e sulla condanna del modernismo e dei modernisti poneva nell’elenco anche quelli relativi: "all’autorità ed al Magistero della Chiesa che per i modernisti hanno fondamento nell’umana collettività e nella sua coscienza religiosa" (San Pio X - Pascendi Dominici gregis, 8 settembre 1907). Pio XI nella Mortalium animos ricordava che: "Cristo nostro Signore fondò la sua Chiesa come società perfetta, per sua natura esterna e sensibile...sotto la guida di un solo capo". Con eguale chiarezza si esprime Pio XII nella Mystici corporis.

 

IL CONCILIO RIBADISCE LA TRADIZIONE

Il Concilio Vaticano II, lungi dal sostenere le fesserie che alcuni falsi maestri vogliono imputargli, riprende ed approfondisce tale prezioso insegnamento (Lumen gentium 18, b), ed ancora, definisce la Chiesa come "società gerarchicamente ordinata" (Lg. 20), come comunità con una "Costituzione divina e gerarchica".

 

COLLEGIALITÀ DELL’EPISCOPATO

Il Concilio ha inoltre approfondito e valorizzato l’intrinseca dimensione collegiale dell’episcopato. Paolo VI, in un famoso discorso, osservava che: "A noi sembra che l’autorità episcopale esca dal Concilio rivendicata nella sua divina istituzione, confermata nella sua insostituibile funzione...precisata nella sua collocazione gerarchica" (Discorso ai Cardinali, Arcivescovi e Vescovi d’Italia: 6 dicembre 1965; AAS 58 (1966), 68). In attuazione di tale insegnamento il nuovo Codice di diritto canonico dedica l’intera parte II del libro II alla "Costituzione gerarchica della Chiesa" ed il Catechismo della Chiesa Cattolica la espone ai numeri 871-896.

 

FALSI MAESTRI

Tuttavia, abbagliati dall’errore, alcuni di questi falsi maestri, cresciuti nel ventre malato di quello che vanno chiamando progressismo cattolico non hanno voluto abbandonare le loro fallaci idee che continuano a diffondere nella Chiesa sotto veli dorati, inserendo nei loro ami un’esca avvelenata per sorprendere gli incauti. Con ostinata volontà alcuni, sospinti più dall’ideologia che dalla Fede, continuano a farsi paladini di una c.d. "democraticizzazione" della Chiesa, di un cambiamento fondamentale della struttura della Chiesa, della necessità di introdurre un egualitarismo assoluto (quanto disumano!) dimenticando che la costituzione del mistico corpo di Cristo ha un’origine divina ed immodificabile nei suoi caratteri essenziali.

 

IL PAPA E LE FALSE IMMAGINI DI CHIESA

Il Pontefice ed i sacri pastori sono ripetutamente intervenuti per indicare la verità sulla Chiesa e la sua costituzione. Il santo Padre da tempo manifesta grande preoccupazione per il diffondersi di tali erronee concezioni anche all’interno della Chiesa: "nell’ambito ecclesiale, si registrano fenomeni preoccupanti e negativi, che hanno diretto influsso sulla vita e sul ministero dei sacerdoti.

Così l’ignoranza religiosa che permane in molti credenti; la scarsa incidenza della catechesi, soffocata dai più diffusi e più suadenti messaggi dei mezzi di comunicazione di massa; il malinteso pluralismo teologico, culturale e pastorale... il persistere di un senso di diffidenza e quasi di insofferenza per il magistero gerarchico; la testimonianza della fede in un esclusivo fattore di liberazione umana e sociale..." (Giovanni Paolo II, Pastores dabo vobis, 25 marzo 1992). Il Papa nel medesimo documento ripropone la dottrina perenne, appresa dal labbro stesso del Redentore secondo la quale: "nel mistero della Chiesa la gerarchia ha un carattere ministeriale" (n. 16) ... Il ministero ordinato sorge dunque con la Chiesa ed ha nei Vescovi, e in riferimento e comunione con essi nei presbiteri, un particolare rapporto al ministero originario degli apostoli, al quale realmente succede, anche se rispetto ad esso assume modalità diverse di esistenza".

Il card. Ratzinger ha messo in guardia nei confronti di quelle fallaci opinioni tese a diffondere il «motivo egualitaristico, secondo cui nella "communio" potrebbe esservi solo piena uguaglianza... (lo stesso concetto di popolo di Dio utilizzato nei documenti conciliari) fu compreso assai presto totalmente a partire dall’uso linguistico politico generale della parola popolo e, nell’ambito della falsa teologia della liberazione, fu compreso con l’uso della parola marxista di popolo come contrapposizione alle classi dominanti e, più in generale ancora, nel senso della sovranità del popolo, che ora sarebbe da applicare anche alla Chiesa. Ciò a sua volta diede occasione ad ampi dibattiti sulle strutture, nei quali fu interpretato a seconda della situazione in modo più occidentale come "democraticizzazione" ovvero più nel senso delle "democrazie popolari" orientali» (Conferenza sull’ecclesiologia della costituzione conciliare Lumen gentium, 27-02-2000). Il card. Herranz, Presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, fa presente che una delle principali cause dell’attuale crisi del diritto della Chiesa è connessa ai "riflessi intraecclesiali dell’ideologia democraticista, per assimilazione acritica di ordinamenti giuridici civili" cui va aggiunto "l’indebolimento del senso di obbligatorietà morale del diritto canonico e, infine, la talvolta mancante organicità del ministero pastorale, quando cioè nell’esercizio delle tre funzioni che lo compongono, si tende a trascurare la funzione di governo, il munus regendi" (Avvenire, 29-2-04, pag. 16).

 

LA STRUTTURA DELLA CHIESA È DAI MODELLI POLITICI

Il Santo Padre nel discorso tenuto alla plenaria della Congregazione per il clero è tornato nuovamente sul tema per affermare, con l’autorità di cui dispone il Vicario di Cristo, che: "I legittimi Pastori, nell’esercizio del loro ufficio, non vanno mai considerati come semplici esecutori di decisioni derivanti da opinioni maggioritarie emerse nell’assemblea ecclesiale. La struttura della Chiesa non può essere concepita su modelli politici semplicemente umani. La sua costituzione gerarchica poggia sul volere di Cristo e, come tale, fa parte del "depositum fidei", che deve essere conservato e trasmesso integralmente nel corso dei secoli" (Città del Vaticano, Udienza concessa ai partecipanti all’assemblea plenaria della Congregazione per il Clero, 10-01-2004). Nel recente documento della Congregazione per il Culto divino si ricorda che il popolo di Dio è gerarchicamente costituito (Istruzione Redemptionis sacramentum, n. 128). Risulta quindi opportuno e quanto mai urgente riproporre con grande fedeltà il costante insegnamento del Magistero che affonda le sue immediate radici nella Scrittura e nella sacra Tradizione ed evitare di applicare al grande mistero della Chiesa concetti e categorie che, propri di una concezione ideologica e secolare della realtà, risultano assolutamente inidonei a trattare della teandrica costituzione della comunità ecclesiale ed incapaci di render conto di quel grande mistero che è la Chiesa pellegrina nel mondo.

Dott. Riccardo Novi

 

 

 

 

Da Per maggiori informazioni cliccare sul logo n.22 - settembre 2004 (per maggiori informazioni cliccare sul logo).
Pubblicato da "Profezie per il Terzo Millennio" su autorizzazione del direttore di redazione di "Fede e Cultura", don Guglielmo Fichera.

 


 

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