CONCILIO E ANTI-CONCILIO

(Seconda parte)

 

 

 

Don Guglielmo Fichera

Il Concilio Vaticano II è stato un Concilio Pastorale. Nessun cambiamento dottrinale. Le nuove sfide potrebbero richiedere nuove risposte pastorali. Dove il vero Concilio ha preso piede, lì c’è stata una nuova e vera primavera dello Spirito. Dove ha prevalso l’anti-concilio c’è stata una crisi paurosa.

 

IL CRISTIANESIMO VA IN CRISI PER LE INFEDELTÀ INTERNE DEI CRISTIANI

La crisi nasce e deriva innanzitutto dai tradimenti interni, dai tanti, troppi "Giuda". Le crisi sono dovute innanzitutto ad infedeltà interne. Il cristianesimo non è attaccabile dall’esterno, I primi cristiani erano pochi, venivano perseguitati, erano uccisi, eppure... crescevano ogni giorno di più. Tertulliano giustamente diceva che "il sangue dei martiri è seme dei cristiani". La crisi non è mai dovuta solo all’influsso di fattori esterni, ma è dovuta, innanzitutto, sempre a cedimenti interni, alle infedeltà dottrinali oppure alle infedeltà nei comportamenti dei cristiani. C’è sempre un Giuda che vende Gesù per 30 denari. Ci sono sempre dei traditori.

NON TROVIAMO SCUSE. Il contadino sa che l’albero è aggredito dai parassiti solo quando si indebolisce! Riconosciamo con umiltà che tante volte, o qualche volta, invece di catechizzare il mondo, ci siamo fatti catechizzare dal mondo. Il compromesso col mondo si paga con una crisi paurosa. Il compromesso con gli idoli, con tutti gli idoli, si paga con la morte.

 

LA VERA MEDIAZIONE NON COMPROMETTE I VALORI FONDAMENTALI

La mediazione riguarda l’atteggiamento verso le persone, riguarda il modo di porgere le verità della fede, ma non riguarda i valori fondamentali, le verità fondamentali. Ecco perché il vero pericolo è la secolarizzazione dentro la Chiesa, e per questo è necessario capirne le caratteristiche. Il pericolo non è il paganesimo che è "fuori" di noi; il vero pericolo è il paganesimo che si infiltra "dentro" di noi! Il compromesso con gli idoli, con tutti gli idoli, si paga con la morte. Il Concilio Vaticano II, per affrontare la sfida del secolarismo, ha promosso un aggiornamento nel modo di proporre la fede agli uomini del nostro tempo, ma non, certamente, un cambiamento della fede. La mediazione riguarda il modo di porgere alle persone le fede di sempre: ma non c’è nessuna mediazione verso gli idoli, verso i falsi valori, verso le ideologie, verso i falsi miti di ieri e di oggi di ogni tempo, verso le false speranze, verso i falsi messianismi, verso tutte le "droghe". La risposta alla crisi è sempre la ripresa dell’autentica identità cattolica.

 

PAPA PAOLO VI E IL SECOLARISMO

Il Papa Paolo VI ha così sintetizzato le caratteristiche di questo secolarismo: "La novità diventa spesso criterio di verità /.../ si diventa imitatori delle mode /.../ gregari di chi osa e più si distacca dal senso comune. /.../ Si cade nel relativismo, nello storicismo, nell’esistenzialismo, che si ferma a ciò che esiste, senza cercarne la misura nella verità e nell’onestà. /.../ un fenomeno di debolezza ci investe tutti" (Udienza generale del 14 gennaio 1970).

 

ESPELLERE L’ANTI-CONCILIO

Sal 51,9: "Purificami con issopo e sarò mondato, lavami e sarò più bianco della neve". L’issopo è una pianta espettorante ed essudativa, oltre che amara. Essere purificati con issopo quindi significa espellere, come col sudore, il male: significa "sputare" gli idoli.

Fino a quando l’idolo non è espulso, infatti, la parola di Dio non "entra", non si incarna.

Allontanarsi dal dono di Dio significa l’esilio nel "paese degli idoli". La caduta nell’idolatria, la perdita dell’unità e la deportazione in Babilonia (simbolo della confusione, dello smarrimento, della schiavitù) è la parabola discendente inevitabile sia per l’antico Israele che per il nuovo Israele. Una volta persa la "bussola" della Verità, è inevitabile il naufragio nel "paese degli idoli", nel supermercato delle sette. "Il pericolo maggiore /.../ non consiste anzitutto nell’attività delle sette ma piuttosto nello scetticismo verso la verità e nell’indifferentismo religioso, /.../ che vanno di pari passo con il secolarismo. Nella misura in cui questi atteggiamenti si traducono nei costumi sociali e nelle strutture politiche, cresce per la Chiesa la necessità di "una nuova evangelizzazione" (LEXICON, Dizionario Teologico Enciclopedico, Piemme, 1993, p. 950).

 

A) SECOLARIZZAZIONE DELLA FIGURA DEL PRETE

Si ha secolarizzazione della figura del prete, quando il sacerdote invece di essere "maestro della Parola, ministro dei sacramenti e guida della comunità in vista del terzo millennio cristiano" (cfr. Documento della Congregazione per il clero, 19/3/1999) è ridotto ad organizzatore del sociale ecclesiastico, a leader ed organizzatore di gruppi e di attività. C’è secolarizzazione quando il sacerdote, invece di essere il primo evangelizzatore e il primo catechista, invece di essere il padre spirituale e la guida della comunità, invece di essere profeta ed educatore è ridotto a "coordinatore del consenso della base". Il secolarismo mira a far sparire la dimensione del sacro e la dimensione mistica: il secolarismo toglie al sacerdote la sua caratteristica di persona sacra, di realtà mistica.

 

B) CONFUSIONE DEI RUOLI

Il secolarismo induce, inoltre, confusione dei ruoli anche nella Chiesa: accade così che ci siano preti che vogliono fare i laici e laici che vogliono fare i preti! La confusione dei carismi non arricchisce, ma impoverisce la Chiesa.

 

C) VIOLAZIONI DEL DIRITTO ALLA VITA

I cattolici che hanno praticato l’aborto, che hanno spinto altri a metterlo in atto e a realizzarlo, sono colpevoli. Quanti cattolici hanno votato a favore nel referendum sull’aborto?

 

D) DISINTERESSE VERSO LA POVERTÀ DI MOLTI PAESI

C’è stata complicità di cattolici con l’indifferenza e il disinteresse, non solo verso la povertà materiale, ma anche verso la povertà culturale, la povertà di diritti civili. Si pensi, ad esempio, ai paesi dove sono gravi le mancanze di rispetto dei diritti fondamentali della persona. Si pensi, senza andare neanche tanto lontano, alla povertà di rispetto della dignità della persona (prostituzione, pedofilia, pornografia, ecc.).

 

E) LA CADUTA DELLA METAFISICA

La caduta della metafisica è stato un fenomeno incontestabile, non solo fuori della Chiesa, ma anche nella Chiesa (cfr. Fides et Ratio, n. 55, n. 83-84, nn. 92-99). La svalutazione in generale della filosofia è da mettere in relazione anche alla ipervalutazione della prassi (e alla diffusione delle filosofie della prassi) e al fatto che è di moda una specie di "idolatria dell’esperienza" che svaluta il momento della riflessione e del discernimento. Come può esistere, infatti, un’idolatria della ragione, così può esistere anche un’idolatria dell’esperienza. E necessario smetterla cioè di fidarci solo di: "Io sento. Io sento. Io sento. Io sento". Bisogna rivalutare e aggiungere: "Io penso. Io medito. Io rifletto. Io faccio discernimento. Io approfondisco con ricerche personali"! Non è possibile fermarsi alla sola esperienza. Bisogna passare "dal fenomeno al fondamento. Non è possibile fermarsi alla sola esperienza" (Fides et Ratio, n. 83).

 

F) CADUTA DELL’ASCETICA

Nel periodo che stiamo analizzando, c’è stato un clima di deprezzamento, se non di disprezzo, verso l’ascetica, che invece è una dimensione sempre presente nella vita cristiana. La virtù della penitenza infatti è intrinseca al cammino costante di conversione del cristiano. Abbandonare l’ascetica significa allora "abbandonare" il sano equilibrio cattolico tra abbandono alla grazia e impegno ascetico personale, entrambi attestati nel Vangelo.

 

G) DEPREZZAMENTO DELLA PIETÀ MARIANA

Il Concilio aveva esortato "i figli della Chiesa ad avere in grande stima le pratiche e gli esercizi di pietà verso la Vergine SS., raccomandati lungo i secoli dal Magistero della Chiesa" (Lumen gentium, n. 67). Il Papa Paolo VI nell’enciclica Christi Matri aveva precisato: "Il Concilio /.../ sebbene non espressamente, ma con chiara indicazione, ha infervorato l’animo di tutti i figli della Chiesa per il Rosario" (Dizionario Enciclopedico di Spiritualità, a cura di Ermanno Ancilli, Ed. Città Nuova 1990, vol. 2, pp. 1504-1505). Invece dopo il Concilio, contro le indicazioni del Concilio, si è lavorato non solo in ambienti teologici, per deprezzare o addirittura eliminare, il S. Rosario. C’è voluto Giovanni Paolo II con la sua lettera apostolica "Rosarium virginis Mariae", per ricordare a tutti il vero insegnamento del Concilio sul Rosario.

 

H) UNA CERTA SVALUTAZIONE DELLA PREGHIERA PERSONALE

Il Concilio, nella Sacrosanctum concilium, dopo aver parlato dell’importanza della partecipazione dei fedeli alla preghiera liturgica, aveva ribadito la stima e il valore della preghiera personale. "La vita spirituale tuttavia non si esaurisce nella partecipazione alla sola Liturgia. Il cristiano, infatti, benché chiamato alla preghiera in comune, è sempre tenuto ad entrare nella sua stanza per pregare il Padre in segreto (Mt 6,6); anzi, secondo l’insegnamento dell’Apostolo, è tenuto a pregare incessantemente (1 Tess 5,17). Il medesimo Apostolo poi c’insegna a portare continuamente nel nostro corpo i patimenti di Gesù morente, affinché la vita di Gesù si manifesti nella nostra carne mortale (2 Cor 4,10-11)" (Sacrosanctum concilium, n. 12). Invece, dopo il Concilio, contro le indicazioni del Concilio, si è assistito ad una certa svalutazione della preghiera personale, come se si trattasse di una preghiera di serie B, per esaltare invece solo tutto ciò che è comunitario, unica dimensione considerata di serie A.

 

STRATEGIA SETTARIA DELL’ANTI-CONCILIO

L’anti-concilio, all’interno della Chiesa, si è accanito specialmente contro tre realtà: Tradizione, Magistero e tomismo: essi sono i tre "nemici" principali, i tre ostacoli che esso sentiva particolarmente opposti ai suoi sforzi di affermazione. Il secolarismo ha cercato di sostituire Tradizione, Magistero e Tomismo, col "carismatismo" (carismo-mania), col biblicismo e col ricorso costante all’esperienza soggettiva ed individuale. Per fare questo:

1) Ha tentato di mettere la Chiesa "istituzione" contro una "Chiesa carismatica"; ha tentato di far apparire l’obbedienza al Magistero come "mancanza di personalità", come se si trattasse di persone "senza cervello" che, data la loro nullità, non possono far altro che "eseguire comandi". Ha tentato di opporre il "profetismo" al Magistero, disconoscendo che il Magistero è la profezia costante ed ordinaria della Chiesa. Ha cercato di sostituire con i presunti "profeti" i legittimi pastori (profetocrazia).

La contestazione del Magistero, sui temi di morale, è registrato all’inizio dell’Enciclica Veritatis splendor (n. 4).

2) Ha tentato di mettere la Bibbia contro la Tradizione, cadendo cosi nel "biblicismo", cioè un uso settario della Sacra Scrittura. La Dei Verbum dice che Bibbia, Tradizione e Magistero vanno sempre insieme e sono così interconnessi che non stanno l’uno senza l’altro (nn. 9-10). Il biblicismo consiste in un uso della Bibbia senza il ricorso alla Tradizione e al Magistero. Il Papa Giovanni Paolo II nella "Fides et Ratio" ha detto che non mancano pericolosi ripiegamenti sul fideismo. C’è la "crisi del senso" e riappaiono razionalismo (la ragione senza la fede) e fideismo (la fede senza la ragione). Un’espressione assai diffusa di tale tendenza fideistica è il "biblicismo" che tende a fare della lettura della Sacra Scrittura o della sua esegesi l’unico punto di riferimento veritativo (cfr. n. 55). Se si identifica la parola di Dio con la sola Bibbia, ci si oppone al Concilio. La Bibbia non è il solo riferimento della Chiesa (D.V., 9-10). La Parola di Dio è colta nell’unità inscindibile Tradizione-Bibbia-Magistero, (DV., 10) (n.55 e 65 ). Che la Dei Verbum non sia stata sempre recepita con equilibrio lo attesta il Nuovo Direttorio Generale per la Catechesi, della Congregazione per il Clero, uscito nel 1997, nella Esposizione introduttiva: "La catechesi deve essere apprendimento e tirocinio di tutta la vita cristiana, che non è penetrata pienamente nella coscienza dei catechisti. Per quel che riguarda l’orientamento di fondo, il concetto conciliare di "Tradizione" ha un minore influsso come elemento realmente ispiratore. Di fatto, in molte catechesi, il riferimento alla Sacra Scrittura è quasi esclusivo, senza che la riflessione e la vita bimillenaria della Chiesa l’accompagni in modo sufficiente. La natura ecclesiale della catechesi appare, in questo caso, meno chiara. L’interrelazione tra Sacra Scrittura, Tradizione e Magistero, "ciascuno secondo il proprio modo" non feconda ancora armoniosamente la trasmissione catechistica della fede" (pp. 32-33). Come si organizzano interminabili e ripetitive "settimane bibliche" perché non si organizzano, con altrettanta convinzione, settimane liturgiche, settimane di approfondimento sui Padri della Chiesa, settimane d’approfondimento sui documenti del Magistero?

3) Per avere il terreno di base adeguato alla diffusione dei due precedenti errori, l’anti-concilio ha tentato di esaltare l’esperienza soggettiva ed individuale (e per contraccolpo il comunitarismo), così da poter giustificare qualsiasi arbitrio.

4) Infine ha tentato di "far fuori" il tomismo e di sostituirlo con altre filosofie più "maneggevoli" che consentissero compromessi. Mentre il Concilio aveva detto di prendere S. Tommaso d’Aquino come maestro per approfondire i misteri della fede (Optatam totius, 16) e per cogliere come "fede e ragione si incontrano nell’unica verità" (Gravissimum educationis, 10) (cfr. C.I.C., cann. 251-252), dopo il Concilio si è fatto a gara a "far fuori" il tomismo, cercando inutilmente di sostituirlo addirittura con filosofie inadeguate alla fede o incompatibili con la fede (marxismo, hegelismo, ecc). Il papa Giovanni Paolo II nella "Fides et Ratio" ha ribadito:

1) che è legittima la denominazione e l’esistenza della filosofia cristiana (n. 76); 2) la necessità di una buona metafisica (n. 83); 3) l’incomparabile valore della filosofia di san Tommaso (n. 57); i teologi tomisti hanno dato molto al Vaticano II (n. 58); san Tommaso d’Aquino, con ragione, può essere definito "apostolo della verità" (n. 44). Egli è proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero, come guida e modello degli studi teologici perché è un modello per chi cerca la verità (cfr. Fides et Ratio, n. 43 e n. 78).

 

INTEGRARE ED ARMONIZZARE, NON ELIMINARE IL TOMISMO

È chiaro che il riferimento al tomismo non è esclusivo ma richiede sempre una integrazione, uno sviluppo, un arricchimento. Bisognava integrare il tomismo essenziale, non eliminare il tomismo. Bisognava aggiungere e armonizzare col tomismo altre dimensioni, come quella esistenziale e quella storica, bisognava aggiornare inserendo i contributi positivi della riflessione recente, ma non bisognava disprezzare e sostituire il tomismo con filosofie e categorie mentali non solo inadeguate alla fede, ma in alcuni casi, chiaramente incompatibili con la fede stessa (hegelismo, marxismo, ecc.). L’equilibrio indicato dal Magistero, in alcune parti, è mancato; e questo si è tradotto, globalmente, in una precaria e mediocre presenza culturale che, in molti casi, si riduce solo a riciclare e scimmiottare i falsi miti e gli slogan di moda. Questa "caduta" culturale, questa "debolezza" intellettuale inclina al "modernismo", educa alla superficialità, modifica o falsifica i criteri di giudizio, predispone all’accettazione acritica degli idoli di moda.

 

ANTI-CONCILIO E FALSO ECUMENISMO

Il falso ecumenismo, non in principio ma di fatto, tace o nasconde le differenze, trascura o svaluta il primato della verità e quindi toglie la divisione tra ortodossia ed eresia. Come se i rapporti tra la Chiesa Cattolica e le chiese protestanti fossero una questione solo di scisma e non ci fossero anche gravi implicazioni dottrinali, cioè come se non ci fossero anche errori sul piano dottrinale di cui tener conto e anche eresia avente per oggetto proprio la natura della Chiesa. Un falso ecumenismo tratta il caso protestante come se fosse identico al caso delle Chiese ortodosse. E questo nonostante il Concilio, nel decreto sull’ecumenismo. avesse chiaramente indicato "I principi cattolici dell’ecumenismo" e quindi prima il fine dell’ecumenismo (Unitatis redintegratio, nn. 1-4) e poi ha differenziato il fine, dai mezzi per l’ecumenismo (Unitatis redintegratio, nn. 5-12) e nonostante il fatto che il Concilio ha indicato le differenze tra la Chiesa ortodossa e le confessioni protestanti (Unitatis redintegratio, nn. 13-24).

 

DEVIAZIONI DELL’ANTI-CONCILIO

Vediamone alcuni esempi concreti rilevati dal Magistero stesso e pubblicati nell’Enchiridion Vaticanum, la collezione dei documenti ufficiali della Santa Sede.

 

1) A PROPOSITO DI ALCUNE "CORREZIONI" AL CATECHISMO OLANDESE

Questo clima di incertezza e di confusione dottrinale si manifesta già ad un anno dalla fine del Concilio, anche se non con la grandezza delle fasi successive, in alcuni temi del famoso Catechismo olandese (1966). Una commissione di cardinali, nominata da Papa Paolo VI, individuò delle correzioni che il Catechismo doveva ricevere e stabilì che da quel momento esso doveva essere pubblicato completo delle correzioni. I punti del Catechismo presentati in modo alterato riguardano i seguenti temi: * Riguardo alla creazione: esistenza di puri spiriti: angeli e demoni; la creazione immediata delle anime umane * Il peccato originale * La concezione di Gesù da Maria in modo verginale * La soddisfazione operata da Gesù Cristo al Padre * Il sacrificio della Croce perpetuato nel sacrificio della Messa * La presenza reale e la conversione eucaristica * L’infallibilità della Chiesa e la conoscibilità dei misteri rivelati * Il sacerdozio ministeriale o gerarchico e la potestà di insegnare e di governare nella Chiesa * Alcuni punti di teologia dogmatica: la nostra conoscenza del mistero della SS. Trinità, efficacia dei sacramenti, la natura del miracolo, il mistero della vita dopo la morte; il giudizio e la purificazione finale; il mistero della visione di Dio. * Alcuni punti di teologia morale: la legge morale oggettiva ed universale, l’indissolubilità del matrimonio, peccati mortali e veniali, rapporto tra coscienza ed atti esteriori, morale coniugale (EV 3/1968-1970/, nn. 668-684, pp. 360-377).

In seguito agli accordi tra Episcopato olandese e Santa sede, al Nuovo Catechismo Olandese, viene ora aggiunto, in appendice, un Supplemento che contiene le modifiche redatte secondo le indicazioni della Commissione Cardinalizia incaricata dell’esame dell’opera. Di fatto, in tutto il periodo successivo, saranno proprio le deviazioni in questi temi e questi punti (per niente corretti) le opinioni più diffuse da una falsa teologia anti-conciliare. Cosa c’entrano col Concilio queste deviazioni dottrinali? Il Concilio è solo pastorale.

 

2) PUNTI DI ANTI-CONCILIO

* Cosa c’entra col Concilio l’opinione di Leonardo Boff che la "Chiesa come istituzione non stava nel pensiero del Gesù storico, ma è sorta come evoluzione posteriore alla risurrezione? (cfr. Chiesa, carisma e potere. p. 129). Cosa c’entra col Concilio il suo relativismo ecclesiologico? (cfr. E. V. 9/1983-1985, n. 1426, p. 1387). Cosa c’entra col Concilio il suo compromettere la fede con l’ideologia marxista, "sovvertendo la realtà religiosa e conducendo alla distruzione del senso autentico dei sacramenti e della parola della fede"? (Cfr. EV. 9/1983-1985, n. 1427-1430, pp. 1388-1390). Cosa c’entrano col Concilio queste deviazioni? Il Concilio è solo pastorale.

* Cosa c’entra col Concilio l’opinione di Edward Schilleheeckx sul ministro straordinario dell’Eucaristia? Secondo l’opinione di questo autore, nei casi in cui manca il sacerdote la comunità locale avrebbe il potere di chiamare alcuni laici più qualificati, di istituirli sacerdoti, non nel senso di dare loro un permesso, ma proprio di ricevere il sacramento dell’ordine. Si avrebbe cosi il conferimento del sacramento dell’ordine che viene trasmesso loro "in un modo straordinario" senza l’inserimento nella successione apostolica. La comunità, così, in modo magico, si auto-attribuisce gli stessi poteri del Vescovo. Si capisce bene che in questo modo si intacca l’intera struttura apostolica della Chiesa e si deforma la stessa economia sacramentale della salvezza (cfr. EV. 9/1983-1985/, nn. 832-835, pp. 831-835).

Cosa c’entrano queste deviazioni dottrinali col Concilio? Il Concilio è solo pastorale.

* Cosa c’entra col Concilio l’opinione di Padre Bulànyi, ungherese, secondo il quale la differenza tra il sacerdozio ministeriale (prete) e quello comune (laici) sarebbe solo una distinzione di grado e non invece, come dice il Concilio, di essenza? Chi conduce una comunità sarebbe già prete, senza far riferimento al sacramento dell’ordine. Sacerdozio per le donne (cfr. EV. 10/1986-1987/ nn. 87 1-893, pp. 646-659).

Cosa c’entrano queste deviazioni dottrinali col Concilio? Il Concilio è solo pastorale.

* Cosa c’entrano col Concilio le opinioni di Hans Kung, secondo il quale non esiste l’infallibilità della Chiesa; il Magistero non è un punto di riferimento imprescindibile, non interpreta autenticamente il deposito della fede; l’Eucaristia, in alcuni casi di necessità, può essere consacrata validamente anche da un laico privo del sacramento dell’Ordine?

Per questi ed altri motivi il prof. H.Kung è stato destituito dal suo ufficio di teologo cattolico (cfr. EV. 6/1977-1979/ nn. 1946-1951, pp. 1299-1301). Di recente con l’opera "Ebraismo", H. Kung ha postulato una religione "costruita" con gli elementi comuni delle tre religioni monoteiste, cristianesimo, ebraismo e islamismo. Una specie di "minimo comun denominatore" tra le tre religioni, che trascura le differenze dottrinali fondamentali.

Cosa c’entrano queste deviazioni dottrinali col Concilio? Il Concilio è solo pastorale.

* Cosa c’entrano col Concilio le opinioni di padre Iacobi Pohier, secondo cui non c’è risurrezione corporea di Cristo, non c’è vocazione dell’uomo alla sopravvivenza, alla risurrezione, alla vita eterna; non c’è nella Bibbia un insegnamento oggettivo; non c’è Dio trascendente; non c’è presenza reale di Cristo nell’Eucaristia; non c’è un ruolo speciale del sacerdote nell’attuazione della presenza reale di Cristo nell’Eucaristia; non c’è infallibilità nella Chiesa ? (cfr. EV. 6/1977-1979/ nn. 1270-1271. pp. 889-891).

Cosa c’entrano queste deviazioni dottrinali col Concilio? Il Concilio è solo pastorale.

* Cosa c’entrano col Concilio le opinioni e gli errori di Mons. Marcel Lefebvre, il quale in nome della Tradizione... esce dalla Tradizione della Chiesa, ordinando senza l’autorizzazione del Papa, quattro Vescovi e quindi verrà scomunicato? (cfr. EV. 11/1988-1989/ n. 1196, pp. 692-695). Cosa c’entra col Concilio il suo rifiuto di ritenere valida la Messa detta di Paolo VI? Egli pensava che ci fosse una frattura del Concilio con la Tradizione tutta della Chiesa (cfr. EV 11/1988-1989/, nn. 1197-1205, pp. 696-705).

Cosa c’entrano queste deviazioni scismatiche col Concilio? Il Concilio è solo pastorale.

* Cosa c’entrano col Concilio gli insegnamenti di teologia morale che mettono in discussione l’intero patrimonio morale della Chiesa, e alcune posizioni teologiche dissonanti dalla fede della Chiesa, insegnate addirittura anche in Seminari e Facoltà teologiche? (cfr. Veritatis splendor, n. 4).

Cosa c’entrano queste deviazioni dottrinali col Concilio? Il Concilio è solo pastorale.

* Cosa c’entra col Concilio l’opinione dello scolopio padre Ernesto Balducci che nega l’istituzione divina del sacerdozio ministeriale? Per lui infatti, la Chiesa primitiva non conosceva dei funzionari sacri per compiere atti cultuali; solo in seguito sarebbero sopraggiunti i presbiteri. La Chiesa-istituzione si sarebbe così appropriata indebitamente di poteri cultuali che spetterebbero solo ed esclusivamente a tutto il popolo dei credenti. Il carattere sacerdotale non sarebbe di origine apostolica. Secondo lui la Chiesa al Vaticano II avrebbe deciso per conto suo di mettere in crisi la figura del sacerdote (cfr. Riflessioni sulla crisi del clero, Ulisse, a. XXII, voi. X, novembre 1969, Sansoni, Firenze, p. 198).

Cosa c’entrano queste deviazioni dottrinali col Concilio? Il Concilio è solo pastorale.

* Nel periodo che stiamo analizzando, i grossi tentativi di cambiamento riguardavano il sacerdozio ministeriale e il tentativo di ridurre la Messa solo a banchetto conviviale.

A) Il sacerdozio ministeriale. La tendenza che si manifestava spingeva a sbiadire o negare la differenza essenziale tra sacerdozio ministeriale e sacerdozio comune o battesimale. Contemporaneamente si moltiplicavano i tentativi di modificarne il ruolo ma non nella direzione indicata dal Vaticano II, ma in quella della secolarizzazione.

 

LAICISMO

Contemporaneamente è cresciuto il laicismo. Il laicismo non ha niente a che vedere col concetto di sana laicità cattolica, delineata dal Vaticano II (cfr. Lumen gentium. nn. 30-38; Sacrosanctum concilium, n. 19; n. 28; n. 30-31; n. 48; Gaudium et Spes, nn. 47-52; Decreto sull’Apostolato dei laici, nn. 1-33) (cfr. C.C.C., nn. 897-913). Il laicismo, invece, è la deviazione opposta al clericalismo: mentre nel clericalismo c’è un’ipertrofia e un dominio assoluto del ruolo e delle funzioni del prete, nel laicismo c’è ipertrofia e dominio assoluto del ruolo e delle funzioni del laico.

 

3) CRISI D’IDENTITÀ DEI SACERDOTI E DEI RELIGIOSI

Come non leggere come segno di questo disagio e di questa confusione, di questa crisi d’identità, sicuramente non attribuibile al Concilio, il fatto che nei 10 anni successivi al Concilio, 100.000 preti hanno lasciato il sacerdozio?

Lo stesso fenomeno di "crisi" ha investito anche una parte della vita religiosa. "Il Quebec (Canada) all’inizio degli anni ‘60 - dice il Card. Ratzinger - era la regione del mondo con il più alto numero di religiose, rispetto agli abitanti. Tra il 1961 e il 1981 le religiose si sono ridotte del 44% e questa caduta sembra inarrestabile. Le nuove vocazioni, infatti, si sono ridotte, nello stesso periodo, del 98,5%. Risulta che buona parte di quell’1,5% superstite è costituito non da giovani ma da vocazioni tardive" (Rapporto sulla fede, ed. cit., pp. 101-104).

Eugenio Corti (l’autore del celebre "Cavallo Rosso") afferma che dal compromesso della fede con alcune idee di fondo sbagliate del secolarismo, sono derivate delle gravi conseguenze: "Per cominciare, una spaccatura nella cultura cattolica che ha portato alla sua paralisi. Poi — limitandoci ai soli accadimenti maggiori — una cessazione, nell’ambito delle società più avanzate, delle conversioni al cattolicesimo, che prima si contavano ogni anno a centinaia di migliaia.

Inoltre una crescente perdita della nostra identità, con conseguente caduta delle vocazioni religiose: nel giro di appena una decina d’anni i chierici nei seminari si ridussero alla metà, e in qualche diocesi addirittura ad un quinto o ad un sesto.

Negli ordini religiosi si ebbero colossali defezioni: tra i gesuiti 10.000 padri su 36.000 abbandonarono lo stato religioso; tra i domenicani (altro ordine culturalmente avanzato) la percentuale delle defezioni fu ancora più elevata. /.../ In pari tempo, l’Azione Cattolica italiana ha visto il numero dei propri membri precipitare da tre milioni a seicentomila" (Il Timone, Bimestrale di formazione e informazione apologetica, Anno II, n. 6, Marzo/Aprile 2000, p. 5).

Negli anni del secolarismo galoppante, si scherzava pensando di aggiornare, con questa barzelletta, i voti religiosi: 1) Castità temporanea; 2) Obbedienza facoltativa; 3) Povertà limitata in alcune ore e solo in alcuni ambienti. Questo modo scherzoso esprimeva un certo clima culturale serpeggiante.

B) La Messa: solo banchetto. La tendenza presente nel periodo che stiamo analizzando, tendeva a ridurre la Messa solo a banchetto conviviale, solo ad un pasto tra amici, "all’esultazione dell’assemblea in comunione", solo ad una commemorazione in cui la comunità rende presente spiritualmente Gesù, negando o trascurando la dimensione sacrificale e, forse, la transustanziazione.

La stessa tendenza spingeva per una presenza solo spirituale, determinata dalla presenza della comunità, per cui cessata l’assemblea, cesserebbe anche la presenza di Gesù. Da qui la disistima e la esclusione del culto eucaristico fuori della Messa. Ricordiamo che tra le correzioni apportate al Catechismo Olandese dalla Commissione Cardinalizia nominata da Papa Paolo VI, si trovano le correzioni a proposito del sacrificio della Messa, cioè del sacrificio della croce perpetuato nel sacrificio eucaristico, della presenza reale e della conversione eucaristica (transustanziazione), sul cambiamento eucaristico e sulla permanenza della presenza eucaristica (Il Nuovo Catechismo Olandese, ed. cit.. Appendice, pp. 8-9 e pp. 52-60). Questa problematica la si ritrova, puntualmente, anche nel Rapporto sulla fede, alle pp. 136-139, dove si parla, appunto, della riduzione della Messa solo al banchetto, al pasto. di una comunità di amici; del tentativo si staccare l’Eucaristia dal legame necessario con il sacerdozio gerarchico, banalizzando cosi il Sacramento; e infine della caduta di adorazione davanti al tabernacolo. Questi temi sono inseriti proprio tra le denunce di abusi fatte da Giovanni Paolo II nella sua ultima enciclica sull’Eucaristia!

 

SINTESI RIASSUNTIVA

Nel periodo post-conciliare preso in considerazione, i punti della fede contestati sono sempre gli stessi, si assiste ad un ritornello di negazioni o di errori, quasi sempre identico:

* il peccato originale è una realtà sbiadita, taciuta o negata: se ne parla quasi con "vergogna" (cfr. Vittorio Messori, Le cose della vita. San Paolo, 1995, pp. 19-20).

* Oscuramento o negazione della divinità di Cristo (EV 4/1971-1973/ nn. 1561-1562, p. 983) e quindi anche della sua assoluta Signoria. Si è sbiadito o taciuto che Cristo è l’unico Salvatore.

* Trascuratezza, silenzio, svalutazione o assenza di approfondimento del mistero della Trinità, in qualche caso anche errori sulla Trinità (EV 4/1971-1973/, nn. 1566-1569, pp. 985-987).

* Svalutazione o disprezzo per il Magistero della Chiesa.

* Posizioni relativistiche di fronte alla rivelazione, di fronte alla Sacra Scrittura, oppure caduta nel fideismo, nel biblicismo, in qualche caso nel fondamentalismo.

* Tentativi di diversa natura per negare o modificare il sacerdozio gerarchico, cioè per eliminare la dimensione sacramentale del sacerdozio ministeriale. Ad esso si è accompagnato, in qualche caso, il tentativo di modificare il ruolo guida del prete nella comunità.

* Tentativi di negare o trascurare la dimensione sacrificale dell’Eucaristia, per ridurla solo a banchetto e a riunione conviviale tra amici; in alcuni casi tentativi di negare la permanenza di Cristo nell’Eucaristia, nelle specie, dopo la fine della Messa.

* La risurrezione di Cristo intesa solo in senso spirituale, oppure intesa solo come una lettura simbolica post-pasquale fatta dalla comunità.

* Tentativi di diverso segno per negare l’escatologia intermedia (non esisterebbero Paradiso, Purgatorio e Inferno per lo spirito immortale, ma solo la risurrezione finale).

* Indifferentismo religioso: tutte le religioni sarebbero uguali. L’unica Chiesa di Cristo potrebbe pure sussistere in altre Chiese cristiane.

* Relativismo etico: l’etica sessuale cristiana è stata la più colpita, la più contestata e quella nella quale il dissenso è stato molto diffuso.

* L’espressione "dottrina di Cristo" è vista solo come intellettualismo o solo come "lezione scolastica", invece che nel suo significato biblico autentico: è la posizione tipica del modernismo che svaluta la dimensione dottrinale della fede, a favore di un vago richiamo ad un sentimento religioso (anti-intellettualismo luterano).

Il Concilio si era riunito per affrontare la sfida della secolarizzazione: come mai, in seguito, c’è stata invece anche una teologia secolarizzata? Non certo perché il Concilio non avesse indicato la strada da seguire, ma perché non è stato ascoltato. Il Concilio è stato un Concilio pastorale, ha indicato le linee pastorali utili per affrontare le sfide dell’oggi. Nessun cambiamento dottrinale. Come mai, invece, dopo il Concilio, in evidente contrasto col Concilio, alcune componenti devianti hanno cercato di cambiare proprio la dottrina di sempre della Chiesa che Giovanni XXIII aveva dichiarato "certa ed immutabile"?

La Direzione

 

 

 

 

Da Per maggiori informazioni cliccare sul logo n.15 - novembre 2003 (per maggiori informazioni cliccare sul logo).
Pubblicato da "Profezie per il Terzo Millennio" su autorizzazione del
direttore di redazione di "Fede e Cultura", don Guglielmo Fichera.

 


 

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