Il rischio "mucca
pazza" si colora di una nuova, inquietante
possibilità. Secondo quanto annunciato oggi
nella rivista Nature, i prioni, le
proteine mutanti ritenute responsabili della Bse,
l'encefalopatia bovina spongiforme, sono capaci
di rimanere "in letargo" anche per anni
in animali resistenti alla malattia. Ma poi, se
inoculate in una specie soggetta al morbo, si
risvegliano e contagiano l'organismo, a dispetto
del lungo periodo di latenza.
La conseguenza di questa scoperta, effettuata da
un gruppo di ricercatori americani del Niaid,
l'istituto statunitense per le malattie
infettive, è che il rischio di trasmissione
all'uomo non si limita ai bovini, ma potrebbe
venire anche da altre specie animali, alimentate
con farine derivate da carcasse. Bruce Chesebro,
coordinatore dello studio, ha dichiarato di non
sapere come facciano gli agenti infettivi a
rimanere dormienti così a lungo. D'altronde, i
prioni rappresentano una vera e propria sfida
alla biologia e questa potrebbe non essere
l'ultima sorpresa che riservano alla scienza. A
tutt'oggi, non esiste un test in grado di
identificarne la malattia in animali che non ne
abbiano ancora sviluppato i sintomi e poiché le
modalità di contagio dalle bestie all'uomo non
sono ancora scientificamente chiare non si sa
davvero fino a che punto le attuali proibizioni
sulla vendita e l'esportazione della carne
riescano a tutelare la salute del pubblico. In
Europa, fino ad oggi sono 24 le persone morte a
causa della variante giovanile del morbo di
Creutzfeldt-Jackob, l'encefalite umana
spongiforme che ha lo stesso agente infettivo
della BSE. L'annuncio dei ricercatori americani
suggerisce dunque di vietare l'uso di farine
animali in tutti i tipi di allevamento, e non
solo, come adesso, di pecore e bovini.
(La Repubblica. 23 aprile 1998)
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