L'Apocalisse commentata da Don Dolindo Ruotolo

Il Regno dei "mille anni"

 

 

CAPITOLO XX

«Vidi poi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'Abisso e una gran catena in mano.
Afferrò il dragone, il serpente antico - cioè il diavolo, satana - e lo incatenò per mille anni; lo gettò nell'Abisso, ve lo rinchiuse e ne sigillò la porta sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni. Dopo questi dovrà essere sciolto per un po' di tempo.
Poi vidi alcuni troni e a quelli che vi si sedettero fu dato il potere di giudicare. Vidi anche le anime dei decapitati a causa della testimonanza di Gesù e della parola di Dio, e quanti non avevano adorato la bestia e la sua statua e non ne avevano ricevuto il marchio sulla fronte e sulla mano. Essi ripresero vita e regnarono con Cristo per mille anni; gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni. Questa è la prima risurrezione.
Beati e santi coloro che prendon parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille anni.
Quando i mille anni saranno compiuti, satana verrà liberato dal suo carcere e uscirà per sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Gog e Magòg, per adunarli per la guerra: il loro numero sarà come la sabbia del mare.
Marciarono su tutta la superficie della terra e cinsero d'assedio l'accampamento dei santi e la città diletta. Ma un fuoco scese dal cielo e li divorò.
E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli.
Vidi poi un grande trono bianco e Colui che sedeva su di esso. Dalla sua presenza erano scomparsi la terra e il cielo senza lasciar traccia di sé.
Poi vidi i morti, grandi e piccoli, ritti davanti al trono. Furono aperti dei libri. Fu aperto anche un altro libro, quello della vita. I morti vennero giudicati in base a ciò che era scritto in quei libri, ciascuno secondo le sue opere.
Il mare restituì i morti che esso custodiva e la morte e gli inferi resero i morti da loro custoditi e ciascuno venne giudicato secondo le sue opere.
Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. E chi non era scritto nel libro della vita fu gettato nello stagno di fuoco».
(Apocalisse, capitolo XX)

 

L’Angelo discese dal Cielo in grande fulgore e trionfo; discese sulla terra perché sulla terra aveva relegato satana, discese per affrontarlo e sconfiggerlo di nuovo, affinché di nuovo avesse sentito che egli era nulla innanzi alla potenza di Dio. Ancora una volta l’Arcangelo gridava nel fulgore del suo grande spirito: Chi è come Dio? Splendeva di luce ammirabile nella conoscenza e nella contemplazione di Dio, ne manifestava la gloria ed era tutto un’arcana fiamma di amore per Lui.

Discendeva con l’impeto di una folgore, sdegnato contro il male, desideroso di illuminare la terra con lo splendore della divina gloria. Era come un sole che illuminava la nostra povera valle desolata, disseminata di rovine; un sole che illuminava e rinfrancava la Chiesa, oppressa da tante prove e insanguinata dal sangue dei suoi Martiri. Aveva la chiave dell’abisso e una grande catena in mano; la sua potenza poteva sbarrare le porte dell’inferno impedendo a satana di uscirne, e poteva costringerlo a rimanere nelle tenebre eterne, quasi l’avesse legato con una forte ed infrangibile catena.

La chiave, anche nelle piccole cose, è un segno di dominio, la catena è uno strumento di costrizione. Si chiude a chiave la casa quasi per proclamarne la libertà ed affermarne il dominio, e la si chiude per impedire l’entrata dei ladri. Si chiude il carcere e si legano con la catena i prigionieri per far sentire loro la potenza di chi regna, per restringere le loro nefaste attività, e per costringerli con la forza a riparare il male fatto. L’Angelo veniva in terra da parte di Dio per far sentire a satana che non era padrone di agire a suo modo, e che anche nel luogo dove esplicava la sua nefasta attività egli era sotto­messo come ogni creatura alla potenza ed alla volontà di Dio.

Satana non potette resistere all’impeto dell’Arcangelo glorioso; ancora una volta se ne sentì travolto, si inabissò nelle tenebre, vi fu rinchiuso, e la proibizione divina di non sedurre più le nazioni fu come il sigillo che ve lo confinò per mille anni.

In questo periodo di mille anni la Chiesa doveva rifulgere in tutto il suo splendore, in comunione di virtù e di amore coi Santi del Cielo, e perciò S. Giovanni vide dei troni di gloria sui quali sedettero le anime di quelli che furono decollati, ossia uccisi, a causa della testimonianza di Gesù e a causa della Parola di Dio; vide i Martiri novelli e i Santi che non adorarono la bestia né la sua immagine, né ricevettero il suo carattere sulla fronte e sulle loro mani, cioè che non si lasciarono affascinare e vincere dalle insidie dell’apostasia e rimasero fedeli a Dio.

I Martiri, vittime dell’ingiustizia umana, avrebbero giudicato i loro oppressori, e avrebbero manifestato nell’ultimo giorno la gloria di Dio nei loro patimenti; i Santi, fedeli nelle prove, sarebbero stati nella gloria con Gesù Cristo insieme ai Martiri per mille anni solo con l’anima, e dopo i mille anni sarebbero risorti anche col corpo e sarebbero stati glorificati nel giudizio universale e in eterno. Quelli che saranno morti in disgrazia di Dio risorgeranno dopo i mille anni, alla fine del mondo, ma per essere condannati insieme col corpo.

I Martiri e i Santi muoiono sulla terra e rivivono in Dio, e questa novella vita è per essi come la prima risurrezione.

Quelli che hanno parte a questa risurrezione non possono essere toccati dalla morte eterna che colpirà i perversi, risorti coi loro corpi per averli con loro negli eterni supplizi: vivranno con Gesù Cristo come suo corpo mistico glorioso, regale sacerdozio di gloria per Dio e per Gesù Cristo, e regneranno con Lui per mille anni in attesa della risurrezione e del giudizio.

Nel tempo del regno di Dio sulla terra ci sarà una comunione più grande tra i Santi del Cielo e la Chiesa militante; essi regneranno con Gesù Cristo non solo per la gloria che avranno nel Cielo, ma anche per quella che avranno sulla terra, e questo sarà riparazione della noncuranza e del disprezzo nel quale furono tenuti in terra massime dopo l’eresia protestante.

 

L’errore del « millenaristi ».

L’annunzio del regno di Dio sulla terra per mille anni dette origine all’errore dei così detti Millenaristi, i quali ammettevano che dopo la sconfitta dell’anticristo e prima della risurrezione finale e del giudizio universale doveva aver luogo un periodo di mille anni, durante i quali Gesù Cristo, dopo aver fatto risorgere i suoi Santi, avrebbe regnato visibilmente con essi per mille anni.

Non neghiamo che il testo sacro, assai oscuro, ha potuto dar luogo facilmente a questa interpretazione, sostenuta da Papia, Tertulliano, Lattanzio, ed anche, con qualche restrizione, da S. Ireneo e S. Giustino; se si riflette però bene a tutto il contesto dei capitoli precedenti appare chiaro che vi sarà solo un lungo periodo di pace, di vita cristiana e di santità dopo grandi tribolazioni che purificheranno l’umanità e la Chiesa, e che in questi periodi i Santi saranno grandemente onorati sulla terra, e la inonderanno di tante grazie da sembrare novellamente vivi in mezzo agli uomini. In generale si crede che i mille anni rappresentino una cifra tonda per indicare un lungo periodo di tempo; nulla però vieta di prenderli letteralmente come suonano, giacché tale interpretazione non dà luogo ad alcun inconveniente. Sarebbe anzi bello e confortante il pensare che per mille anni dopo la guerra devastatrice che ci ha travagliati, la terra godrà di quella grande pace che gli Angeli annunziarono sulla grotta di Betlem.

Verso il termine dl questi anni gli uomini cominceranno novellamente a corrompersi, ed allora, come si disse, Dio permetterà al male di affiorare in tutta la sua virulenza nel regno dell’anticristo, farà sciogliere satana per breve tempo, e irromperà contro di esso per distruggerlo. Gli uomini risorgeranno tutti, buoni e cattivi, saranno giudicati solennemente da Gesù Cristo; ciascuno avrà l’eterna benedizione o l’eterna condanna che avrà meritato. Sarà questo il secondo trionfo di Gesù Cristo sui male. seguito poi dai suo eterno e trionfante regno nell’eternità.

Questi due periodi della vita della Chiesa sono annunziati chia­ramente dal Sacro Testo: Quando saranno terminati i mille anni, satana sarà sciolto dalla sua prigione, e uscirà, e sedurrà le nazioni che sono ai quattro angoli della terra, sedurrà le nazioni rappresentate da Gog a Magog nella profezia di Ezechiele (cap. XXXVIII), e le radunerà a battaglia numerose come l’arena del mare contro gli accampamenti dei Santi e la città diletta, cioè contro la Chiesa e il suo centro vitale, contro le nazioni cristiane e contro Roma, la mistica Gerusalemme.

Al capitolo XXXVIII Ezechiele annunzia la guerra di Gog, Re di Magog contro Israele. Questo Re, figura dell’anticristo, radunerà i popoli di Magog, ad occidente del Caucaso e a Mezzogiorno del Mar Nero, e irromperà contro il popolo di Dio per uccidere, predare e devastare. Ma il Signore irromperà contro di lui con evidenti prodigi di potenza, coalizzando contro di lui eserciti, pestilenze, sangue, pioggia violenta, grandine grossa, e farà piovere fuoco dal cielo e zolfo sul suo esercito e sui popoli a lui uniti; Dio apparirà in tutta la sua grandezza e santità, e sarà riconosciuto alla presenza di molte nazioni come Dio vero.

Manderà fuoco sulle regioni di Magog e su quelli che abitano sicuri nelle isole, cioè sulle nazioni del Mediterraneo, coalizzate a Gog nella guerra contro il popolo di Dio. Gog sarà sconfitto, e il popolo di Dio avrà grande pace brucerà le armi raccolte nella vittoria, come sarmenti per il fuoco (XXXIX. 9, 10), e dopo sette mesi seppellirà ancora i morti dell’esercito di Gog e, dove li troverà nei campi sterminati di guerra, vi porranno un segnale per additarli ai becchini che dovranno seppellirli. Anche Ezechiele parla del banchetto di cadaveri per indicare il numero stragrande di uccisi in quella guerra, e parla di un’era novella di prosperità e di fede per il popolo di Dio dopo quella guerra.

Il Sacro Testo, alludendo a questa profezia di Ezechiele con le semplici parole Gog e Magog, vuoi dire che la guerra mossa dall’anticristo e dai suoi complici alla Chiesa sarà come quella di Gog Re di Magog contro il popolo di Dio, e avrà lo stesso epilogo disastroso: Dal cielo, infatti aggiunge, cadde un fuoco mandato da Dio e li divorò, e il diavolo che li seduceva fu gettato in uno stagno di fuoco e zolfo, dove anche la bestia e il falso profeta saranno tormentati giorno e notte nei secoli dei secoli.

 

Il giudizio universale.

Alla sconfitta dell’anticristo e del suo esercito seguirà la resurrezione dei morti e il giudizio universale.

S. Giovanni vide la scena grandiosa e la descrisse con parole sintetiche, cominciando da quello che più lo impressionò in quella scena, cioè dalla comparsa del Giudice Eterno. Egli vide un grande trono, candido per fulgore di luce, spirante santità, giustizia e potenza arcana. Su quel trono vide sedere un personaggio maestoso, che incuteva timore. La natura al suo apparire si sconvolse tutta, e S. Giovanni sintetizza questo sconvolgimento con poche parole sublimi: Dalla vista di Lui fuggirono la terra e il cielo, e non fu trovato più luogo per loro. Fuggirono perché si sfasciarono nell’agitazione tremenda dei terremoti, si dissolvettero, sparirono.

Nel cataclisma terribile ad un cenno della Volontà di Dio risorgeranno i morti, grandi e piccoli, senza alcuna eccezione di età o di dignità, e si presenteranno innanzi al Giudice per dar conto di ciò che avranno fatto in vita e ricevere la sentenza di vita o di morte. Questa sentenza sarà promulgata in base alle opere fatte da ciascuno durante la sua vita mortale. Nulla sarà dimenticato, nulla omesso, poiché tutto è come segnato nell’eternità di Dio cui tutto è presente. Si apriranno i libri, dice il Sacro Testo, perché ogni coscienza, ogni anima sarà come un libro che si apre e si svolge, e in un attimo si vedranno con evidenza assoluta e chiarezza indiscutibile le azioni di ciascuno.

Come alla luce del sole le cose appariscono quali sono, e non c’è bisogno di ragionamento o discussione per capire che un tavolo è un tavolo e una sedia è una sedia così nella luce di Dio ogni azione apparirà alla propria coscienza e innanzi agli altri qual’è stata, e ad ogni azione sarà proporzionato il premio o il castigo. Logicamente le azioni cattive, cancellate con la Confessione e riparate con la penitenza, non potranno apparire in quei libri misteriosi, perché il peccato sinceramente confessato, e rimesso dalla misericordia di Dio non esiste più; ma i peccati e le responsabilità dei riprovati appariranno in tutto il loro orrore, innanzi agli occhi di tutti.

Non si può pensare che, in fondo, per un’anima abbrutita dalla dannazione la vergogna che proverà sarà poca cosa e sarà obbrobrio di un momento; la vergogna sarà immensa, perché sarà proporzionata alla luce di evidenza che farà apparire le colpe per quello che sono, e lascerà nell’orgoglioso spirito del dannato un tremendo suggello e un inesauribile rimorso. Vedere per quali spregevoli lordure e miserie s’è perduto Dio e il gaudio, eterno, vederlo al confronto dei Santi gloriosissimi, la cui vita fu creduta follia sulla terra da quegli stessi che appariranno in tutta la miseria delle loro azioni sarà un dolore da non potersene formare ora la più piccola idea, un dolore che rimarrà come una spada nell’anima per tutta l’eternità.

Al contrario poi la gioia dei giusti sarà immensa, e sarà proporzionata alle pene da essi subite nella vita mortale. Allora si apprezzerà la preziosità di ogni pena; di ogni umiliazione, di ogni sacrificio fatto per amor di Dio, e tutte le angustie della vita appariranno una cosa trascurabile. Le stesse pene del Purgatorio, che sono quasi una penosa appendice del pellegrinaggio terreno, appariranno, quali sono veramente, una delicatezza della divina bontà che purifica le anime per renderle interamente capaci dell’eterna gloria, ed anche per farle apparire nel pieno fulgore di arcana bellezza in quel giorno terribile di rendiconto universale.

 

La morte restituisce la sua preda.

Risorgeranno tutti, nessuno sarà escluso, e perciò il Sacro Testo dice che il mare dette i suoi morti, che nella massa delle acque dove perirono sembreranno i più consunti e introvabili, e soggiunge che la Morte e l’inferno rendettero i morti che avevano, cioè il regno della morte, i cimiteri, e gli abissi dei sepolcri rendettero anche la minima parte degli avanzi umani che conserveranno, e quegli avanzi rivivranno quasi come semente che sboccia di nuovo.

Risorgeranno tutti, e la morte non avrà più potere sugli uomini, come non l’avrà il sepolcro, ultima meta e stazione della vita pellegrina, perché gli uomini non potranno più morire. La morte e il sepolcro apparterranno solo ai reprobi, non per privarli della vita corporale, ma perché, anche risorti, saranno morti alla grazia, e per questo è detto che l’inferno e la morte furono gettati nello stagno di fuoco, ed è soggiunto che questa è la seconda morte del corpo, condannato insieme con l’anima alle pene eterne.

Il corpo mori la prima volta per la separazione dell’anima, muore la seconda volta per la privazione della vita eterna, e si sprofonda negli abissi non per vivere con l’anima come faranno i Beati, ma per morire continuamente negli spasimi della dannazione eterna. Sarà un momento definitivo e decisivo della vita umana, e chiunque non sarà trovato scritto nel libro della vita, sarà gittato nello stagno di fuoco. Gli empi non sono scritti nel libro della vita, non perché siano stati capricciosamente esclusi dalla salvezza, ma perché essi ostinatamente rifiutarono di salvarsi e di usufruire dei facili mezzi per salvarsi.

 

I « mille anni » nelle aspirazioni dei Santi.

Fin dal suo tempo Pietro Galatino, citato dall’A. Lapide (pag. 1136, vo1. XIX) disse che i mille anni nei quali satana sarà legato debbono computarsi da Gesù Cristo, e per la loro maggior parte dal Pastore Angelico, ossia dal grande Pontefice sotto il cui pontificato si realizzerà la sconfitta del regno del male e lo splendore del regno di Dio e del trionfo della Chiesa sulla terra. Egli dice che questo Pontefice sarà di ammirabile umiltà, sapienza e santità, avrà dodici apostoli come Gesù Cristo, e con essi riformerà la Chiesa, restituendola allo splendore degli Apostoli. Questo Pontefice singolare è annunziato e promesso anche da S. Caterina da Siena, dal Beato Amedeo e da altri Santi.

In ogni epoca della Chiesa, in realtà, c’è stata sempre una forte aspirazione e una viva speranza in un periodo di vita santa, pacifica e soprannaturale e in un manifesto e universale regno del bene su questa povera terra. Satana fu legato da Gesù Cristo nella redenzione, ma la Chiesa ha atteso e attende ancora una vittoria più smagliante sul nemico infernale. L’attese nel periodo delle persecuzioni e dei Martiri, e satana sembrò veramente legato dopo la vittoria di Costantino il grande, e dopo l’editto da lui emanato in favore del cristianesimo nel 313. La Religione cristiana, infatti, si dilatò gloriosamente in tutto il mondo allora conosciuto per mille anni. Dopo questi anni e specialmente nell’epoca del così detto Rinascimento, satana sembrò sciolto, poiché da quel tempo cominciò a poco a poco l’apostasia delle nazioni da Dio, apostasia che ebbe un impulso terribile con la disgraziata comparsa del protestantesimo, ed è giunta al suo culmine nella storia moderna e contemporanea.

Nonostante però la prodigiosa vittoria di Costantino e la protezione da lui accordata alla Chiesa, il periodo della dilatazione del Cristianesimo non può dirsi un periodo di santità; esso anzi fu funestato da eresie, da lotte e soprattutto dalla comparsa di Maometto, caratteristico e feroce anticristo dell’epoca sua. La Chiesa attende ancora il suo grande periodo di trionfo, soprattutto spirituale, poiché la sua grande aspirazione non è quella di trionfare politicamente, ma di salvare le anime e glorificare il Signore.

Il Pontefice sotto il cui regno dovrà compirsi questo trionfo dovrà essere eccezionalmente santo e forte, ed il trionfo della Chiesa dovrà avverarsi dopo un periodo di grandi tribolazioni, e, come tutto fa credere, dopo una guerra sterminatrice e disastrosa che sarà seguita o accompagnata da fiere persecuzioni contro la Chiesa medesima. Tutto fa credere e sperare che la guerra e le persecuzioni che l’accompagnano sia proprio la seconda guerra mondiale, della quale siamo stati vittime e spettatori. In questa guerra satana è sembrato non solo sciolto dai ceppi nei quali era stato stretto dopo la Redenzione, ma è sembrato addirittura padrone del mondo. Noi perciò attendiamo con fede come imminente la comparsa di un grande capo di stato e di un grande Pontefice che ridonino la pace al mondo e alla Chiesa.

Hitler, questo esiziale anticristo dell’epoca nostra [Don Dolindo Ruotolo scrive questo commento all’Apocalisse negli anni ‘40 del XX secolo; N.d.R.], nell’incominciare la spaventosa guerra che ha insanguinato e insanguina il mondo, disse che guerreggiava per assicurare alla Germania un periodo di supremazia, di sviluppo e di pace per mille anni. Il millennio stava anche nelle sue aspirazioni sfrenate e criminali. La Chiesa invece attende dalla misericordia di Dio il regno trionfante del Redentore nelle anime, e confida in un millennio di santificazione e di pacifico trionfo sull’empietà e sul male. In questo periodo, che già si delinea, sarà sconfitta la bestia che viene dal mare e quella che viene dalla terra, l’imperialismo apostata e la falsa scienza, e ci sarà una mirabile fioritura di spirito cristiano e di santità.

La Chiesa non avrà bisogno di fare delle novità, non dovrà mutare la sua costituzione, ma dovrà solo valorizzare nei fedeli quelle ammirabili ricchezze che Essa possiede. Splenderà di vivissima luce la verità, e i Sacramenti, e massime l’Eucarestia, rinnoveranno la vita cristiana. La santità fiorirà in maniera splendente tra le anime consacrate al Signore, tra i Sacerdoti, le Suore e i semplici fedeli. La vera carità allevierà tutte le sofferenze umane, e sarà sostituita a tutte le utopie degli attuali avvelenatori e corruttori del popolo. Finirà, speriamolo fermamente, l’ignominia della vita mondana con tutte le sue aberrazioni teoretiche e pratiche, finiranno le degradazioni della moda, dello scostume della prepotenza, del ladrocinio, e ci sarà un tenore di vita più semplice che allevierà notevolmente le preoccupazioni del terreno pellegrinaggio.

 

Segreto di un gran ritorno al bene, sarà una intensa vita Eucaristica.

Segreto mirabile di questo rinnovellamento dell’umanità sarà la SS. Eucaristia, Gesù vivo e vero nella Chiesa, che diventa cibo delle anime, che orienta al Padre suo ogni loro attività, le fa vivere per la gloria di Dio, vive in loro per farle vivere in Lui, e le trasforma in novelle creature. I primi cristiani vissero da santi perché vissero intimamente con Gesù Eucaristia; questo è un fatto storico inconfutabile; la vita loro si rilassò miseramente a misura che si allontanò da Lui, e giunse ai secoli di piombo che prepararono il protestantesimo prima, e poi l’apostasia di tutte le nazioni da Dio.

Il ritorno alla vita cristiana sarà effetto di un processo opposto; dalla tiepidezza si dovrà passare al più grande fervore, e Gesù dovrà regnare. Il suo regno suppone il completo dominio di tutte le attività umane, e questo Egli lo raggiunge attraverso la SS. Eucaristia, diventando cuore della nostra vita, e sangue vivo del nostro cuore. Regnerà per l’amore e non ci sarà una prova più potente di amore per l’uomo quanto il Suo darsi come cibo e bevanda, e l’immolarsi come vittima di riparazione per le nostre iniquità.

Il mio regno, disse Gesù a Pilato, non è di questo mondo; i Re della terra, infatti, dominano con la forza ed Egli domina con l’amore; i Re esigono, Egli dona; i Re puniscono, Egli perdona; i Re si circondano di armati, Egli invece si nasconde in una solitudine profonda e non si fa scorgere nei veli che lo ricoprono; i Re si mostrano arcigni e severi per incutere rispetto, Egli invece si mostra in tutta la tenerezza del suo amore e ci conquide.

Se l’uomo non fosse quel ributtante ammasso d’ingratitudini che è, dovrebbe vivere continuamente adorando, il Signore Sacramentato; in ogni centro di attività ci dovrebbe essere il candido trono eucaristico, innanzi al quale dovrebbero succedersi turni e squadre di adoratori. La vita cambierebbe in breve tutto il suo ritmo, gli uomini si migliorerebbero, il lavoro sarebbe benedetto, i campi prospererebbero, le famiglie riacquisterebbero la pace, e la Provvidenza di Dio le farebbe ridondare di ogni bene. Le nazioni dovranno avere in ogni città e in ogni capitale il trono ufficiale di Gesù, e formarvi le squadre di adoratori tra quelli che reggono la pubblica cosa.

Se si giunge a capire che cosa significa avere Gesù vivo e vero tra noi in una reale presenza, moltiplicata, per cosi dire, in ogni parte del mondo, s’intenderà che non è esagerato avvicinare se stessi e le nazioni a quest’adorabile Re d’Amore, e che l’unica esagerazione e anormalità in merito all’Eucaristia è quella di tenerla in non cale, o sfruttare la minima parte dei suoi ammirabili tesori. Gesù Cristo ci vivifica, attira su di noi lo Spirito Santo, ci sostenta, ci conforta, ci educa soavemente, ci trasforma, ci eleva e ci unisce tutti in un unico vincolo di carità. Dove si eleva il suo trono si diffonde la vita e la pace, poiché Egli è come sole fulgido della Chiesa e del mondo. Egli nel suo arcano silenzio è la testimonianza più grande della realtà di Dio, Egli in un mistero di sola e pura fede sostenta e alimenta la nostra fede.

Il regno eucaristico di Gesù Cristo non si realizza in noi se adoriamo la bestia o la sua immagine, e riceviamo sulla fronte e sulle mani il suo carattere, cioè se viviamo dello spirito del mondo e ci lasciamo soggiogare dalle sue massime. La vera causa della sterilità eucaristica in noi sta proprio nel non saper dare a Gesù un cuore libero, semplice, illuminato dalla fede, lontano da tutte le miserie e le lordure del mondo. Com’è possibile usufruire dell’aria pura quando si è già asfissiati dall’aria velenosa della terra? Com’è possibile assimilare il cibo salutare quando si ha già pieno lo stomaco di cibi guasti? Com’è possibile apporre il suggello del Re Divino dove già il mondo, il demonio e la carne hanno apposto il loro marchio di depravazione? Umiliamoci innanzi a Gesù, e domandiamo a Lui stesso la grazia di rinnovarci per avvicinarci a Lui e regnare con Lui.

Rinnoviamoci nel pensiero del giudizio di Dio che è tanto diverso dal giudizio del mondo. In fondo una delle cause della nostra degradazione sta proprio nel preoccuparci del giudizio del mondo, nel seguirne le massime, nel vivere del suo spirito. Or quando pensiamo che ogni nostra azione è come scritta in un libro, ed è giudicata poi con assoluta giustizia da Colui che s’è dichiarato nemico del mondo, come possiamo seguire più il mondo scellerato e le sue massime? Il mondo non ci porta la pace, non ci dona la felicità, non ci solleva in alto.

È sintomatico che il Sacro Testo dopo avere accennato al termine dei mille anni del regno di Gesù Cristo, soggiunge subito che satana è sciolto dalla sua prigione, seduce le nazioni e le raduna a battaglia. Questo è l’effetto immediato del regno del mondo in noi: insidie di satana, seduzione e mancanza di pace. Rompiamo i vincoli di morte che ancora ci stringono, liberiamoci completamente dal mondo, doniamoci interamente a Gesù Cristo e facciamolo regnare in noi, implorando dalla sua misericordia che Egli regni per la Chiesa e nella Chiesa su tutta la terra.

 

Da "La Sacra Scrittura - L'Apocalisse" di Don Dolindo Ruotolo, pagg. 514-524 (pubblicato nel 1974 con Imprimatur di Mons. Vittorio. M. Costantini, Vescovo di Sessa Aurunca)

 

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A cura di "Profezie per il Terzo Millennio" - Febbraio 2007
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