L'Apocalisse commentata da Don Dolindo Ruotolo

L'azione più grande Dio la compie sulle anime umili

 

 

 

Per la nostra vita spirituale.
Voler tutto capire, voler tutto scrutare: quale tragica presunzione!

Dio vuole da noi un pieno abbandono in Lui, e una piena fiducia nelle sue arcane disposizioni. Non possiamo discutere, dobbiamo star quieti e attendere. La presunzione di voler tutto capire e di voler tutto scrutare è quello che molte volte uccide la nostra fede e ci priva di innumerevoli grazie. Lo spirito critico, che presume ragionare là dove può solo adorare è il meno adatto a capire la profondità di certi misteri. Nel presumere di scrutarli ci si confonde e si rimane avvolti da più fitte tenebre.

Dio lavora mirabilmente dal nulla e sul nulla, e la sua azione è più grande sulle anime che per l’umiltà si avvicinano quasi ai confini del nulla e vivono nel nulla della loro piccolezza. È questo un principio di vita soprannaturale così importante e fondamentale, che bisogna scolpirselo nell’anima. È un principio cosi vitale per la nostra illuminazione e santificazione, che Gesù Cristo ne fece un particolare ed esplicito ringraziamento al Padre: Ti ringrazio che hai nascosto queste cose ai grandi e le hai rivelate ai piccoli (Luca Cap. X, 21; Matteo XI, 25). Perché questa predilezione per ciò che è piccolo e nulla? Non per dominio, non per superiorità, non per il giusto distacco tra la sua grandezza e la nostra, perché Egli è infinito, ed ogni grandezza è nullità innanzi a Lui, ma per infinita signorilità e bontà.

Dio tratta le sue creature con immensa riverenza, come dice Egli stesso dando loro l’essere e armonizzandole nel creato, rispetta quello che loro ha dato, fino alla più signorile delicatezza [Se Egli fa tutto con perfettissima sapienza, è logico che rispetti ciò che ha fatto, avendolo già disposto con sapienza nell’ordine delle cose. Per questo ogni nostro disordine esige la riparazione e l’espiazione, ossia il ritorno all’ordine stabilito dal Signore]. Nelle infinite possibilità di operare che Egli ha, e nell’assoluta padronanza che Egli può avere come Creatore, egli rispetta e mantiene anche l’entità di una piccola ameba, di un granello di sabbia o di un atomo. Potrebbe agire a suo modo, e sembra quasi dipendere da quella creatura, tanto là rispetta. Nella sua divina, ineffabile signorilità la riguarda quasi come se fosse un essere da sé. È ardito il dirlo, ma è cosi, poiché Egli stesso esclamò: Io l’ho detto: Voi siete déi, et dixi: dii estis (Giov. X, 34-35).

Meno la creatura presenta a Lui la propria entità, e più Egli le si effonde con generosa bontà; più la creatura si attacca alla propria entità, e meno Egli opera in lei, per non ledere menomamente quel diritto di vita che le ha dato. Sta in questo il concetto ultimo e profondo dell’umiltà e dell’orgoglio, dell’elevazione e dell’abbassamento delle anime.

Oh, se capissimo, faremmo solo lo studio di impiccolirci e di annientarci, e impiegheremmo la vita a spogliarci di noi e a raccogliere dalla nostra entità di creature tutto quello che può farci più piccoli! Vivremmo in pieno la parola di Gesù: Rinneghi se stesso (Marco VIII, 34). Noi invece facciamo uno studio per ingrandirci, e ci poniamo innanzi a Dio con tale presunzione, da gonfiare il più che è possibile la nostra entità, fino a metterci alla pari con Lui, anzi sopra di Lui. Oltrepassiamo satana e gli Angeli ribelli, che per voler essere pari a Lui decaddero e precipitarono negli abissi, sotto il peso della loro entità, nella quale concentrarono tutta la loro ammirazione e il loro torbido amore.

Noi crediamo che l’infinita calma divina si sia adirata ed abbia esploso contro di loro come contro rivali; neppure per ombra! Dio rispettò interamente la loro entità, e poiché essa si divideva dal suo amore, la lasciò a se stessa per signorilità. Lasciati a se stessi perché lo vollero, irresistibilmente lo vollero, furono come astri spenti, come bolidi lanciati nell’abissale vuoto del creato, che non era la loro sazietà e la loro meta, e si accesero di fiamme consumatrici, avvolti dall’infelicità della loro vita senza respiro di amore, perché concentrati in un oggetto sommamente odioso: in se stessi, vuoti di grazia, pieni di odio, colmi di ira, gonfi di orgoglio, anelanti alla distruzione, al disordine, all’eccidio [Per questo il demonio è chiamato omicida fin dal principio. C’è in lui e nei suoi satelliti una furia devastatrice, perché egli odia la creazione; glorificazione di Dio, e questa furia egli la comunica a quegli che invasa, come si vede negl’indemoniati, nei pazzi, nei rivoluzionari ecc.], perché disperati nel loro furore! Dio lasciò ad essi la loro entità naturale, posto che avevano rigettata. la grazia; lasciò quello che avevano come spiriti, e che, benché entità decaduta, era formidabile [Questo ci faccia capire che cosa immensa è un Angelo glorioso].

Si direbbe che Dio abbia creato quasi timidamente quelli che dovevano occupare i seggi di gloria da essi abbandonati, perché pose l’uomo là dove satana aveva la sua sfera di azione e il suo tenebroso regno, quasi avesse voluto da lui un certo consenso a quella sostituzione che pur ripugnava al suo creante amore. Egli voleva almeno che l’uomo avesse conteso a satana il regno, e meritandoselo l’avesse lasciato meno agitato. Sono misteri ineffabili dell’Eterno Amore, dei quali, c’è dato, per grazia di Dio, di sollevare appena il velo timidamente. Essi saranno il nostro eterno stupore, e ci colmeranno di riconoscente e sconfinato amore per Colui che è buono e la cui misericordia è eterna (Salmo 135, 1).

Noi vediamo con quanto delicato riserbo Egli ha redento l’uomo, che nella pur facile giostra con satana era rimasto soccombente. Non volle ricolmare di grazia un uomo perché avesse conteso a satana la preda, intervenendo egli stesso, e mandò il suo Figliuolo, rivestendolo di umana carne. E il Figliuolo suo contese con satana come Sansone coi Filistei, facendosi vincere, quasi volesse lasciargli la soddisfazione, per un momento, di averlo vinto, pur di non schiacciare quell’entità tenebrosa.

 

In un agone stupendo di umiltà, il Verbo Incarnato ridusse alle corde Il superbo che aveva detto: sarò simile a Dio!

Egli contese con lui riportando l’uomo sui confini del nulla, fin là dove la grazia avrebbe potuto restaurarlo, e si umiliò, fatto obbediente sino alla morte ed alla morte di Croce. Ecclissò la sua divina grandezza e preferì farla rifulgere in Maria SS., quasi sole invisibile nella notte, che rifulge per la luna sulle umide e oscure valli.

A Maria assegnò il mandato di schiacciare il capo a satana, Egli prese per Sé un mandato più umile, e preferì quasi farsi schiacciare e soccombere.

Solo in questo agone stupendo di umiltà Egli ridusse alle corde il tracotante che aveva dètto: Sarò simile all’Altissimo! Scelse tutte le vie delle supreme umiliazioni, dopo delle quali non c’era che il nulla; si esinanì in quelle umiliazioni, per ripresentare a Dio in se stesso l’uomo in una forma più vile della creta, affinché di nuovo gli avesse spirato sul volto lo spiracolo della vita. Ed egli glielo spirò e glielo spira mandandogli lo Spirito Santo: Emitte Spiritum tuum et creabuntur. È un mistero ineffabile,... l’anima ci si perde adorando ed amando, e capisce un poco la preziosità dell’umiltà.

La medesima Regina del Cielo fu grande per l’interiore suo annientamento; Dio ne misurò fin dai secoli eterni la profondità, unì quell’umiltà agli annientamenti del Verbo che in Lei doveva incarnarsi, e vide che quell’entità luminosa non gli opponeva nulla in quella profonda umiliazione... Si trovò quasi sull’abisso del nulla, sul quale soltanto l’infinita sua signorilità si sente padrona di effondersi come vuole perché non urta neppure con un atomo; rifuse in Lei un torrente di grazie, e nel concepirla la fece immacolata.

Non era ancora, e Dio la possedette, perché in quell’essere Egli sapeva che sarebbe stata l’umiltà, e sull’umiltà umiliata per gli annientamenti del Verbo umiliato fino all’umana carne e fino all’immolazione, Egli, Dio, poteva da padrone cesellare il suo capolavoro.

Oh, i misteri soavissimi dell’umiltà! Oh quanto godremmo di annientarci ed essere annientati se lo potessimo capire! Lo disse la Vergine stessa, riconoscendo la profondità di questo mistero: Egli guardò l’umiltà, la piccolezza dalla sua serva, ed ecco perché da ora mi chiameranno beata tutte le genti (Luc. I, 48).

Noi intendiamo perché Dio iniziò la creazione creando l’atomo, e perché la sua onnipotenza pose a base di tante creature la più piccola delle entità; Egli dotò quel piccolo essere di formidabili forze e gli assegnò d’allora miliardi di secoli perché si fosse sviluppato e composto. Quel piccolissimo essere gli lasciava più libertà d’effondere la sua potenza, la sua sapienza e il suo, amore, ed Egli metteva in quel primo simbolo l’ombra della grande legge dell’umiltà.

Se non ci possiamo ridurre al nulla perché, più non saremmo, dobbiamo ridurci all’atomo perché la grazia ci possegga in pieno, invisibili come l’atomo per il nascondimento completo, piccolissimi come l’atomo nella nostra estimazione, polo negativo del nostro povero elettrone nel disprezzo di noi, polo positivo nell’estimazione di Dio solo sopra tutte le cose, parte armonica, umile parte armonica nella compagine umana, per la carità, rifuggenti dalle lodi come rifugge il piccolo polo positivo dall’energia positiva che le si vorrebbe aggiungere, e se ne allontana quasi inorridito, come si allontana dalla verga elettrizzata l’umile pallina di sambuco.

 

Da "La Sacra Scrittura - L'Apocalisse" di Don Dolindo Ruotolo, pagg. 167-171 (pubblicato nel 1974 con Imprimatur di Mons. Vittorio. M. Costantini, Vescovo di Sessa Aurunca)

 

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A cura di "Profezie per il Terzo Millennio" - Marzo 2006
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