Udienza generale del mercoledì di Giovanni Paolo II del 4 settembre 2002

LA NUOVA CITTÁ DI DIO, CENTRO DELL'INTERA UMANITÁ

 

Questa mattina Papa Giovanni Paolo II si è trasferito dal Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo al Vaticano per poter accogliere nell'Aula Paolo VI i numerosi pellegrini presenti alla tradizionale Udienza del mercoledì. Mentre durante il periodo di riposo del Pontefice le Udienze si stiano svolgendo nel Cortile della residenza di Castel Gandolfo, questo trasferimento è stato motivato dal numero elevato dei partecipanti.

La catechesi del Papa è stata dedicata al Cantico del Profeta Isaia che, "vissuto nell'ottavo secolo a.C." - ha detto il Pontefice - "è testimone di ore difficili vissute dal regno di Giuda, ma anche cantore della speranza messianica".

"Questo inno (.)" - ha proseguito il Papa - "è perciò un invito a non fissarsi sul presente così misero, ma a saper intuire sotto la superficie degli eventi quotidiani la presenza misteriosa dell'azione divina, che conduce la storia verso un ben diverso orizzonte di luce e di pace".

Il monte Sion, abitato da Dio, ha spiegato Giovanni Paolo II, è al centro del cantico di Isaia e verso di esso affluiranno i popoli di tutta la terra. "Questo potere di attrazione di Sion è fondato su (.) la Legge e la Parola del Signore. Esse costituiscono (.) un'unica realtà, che è sorgente di vita, di luce e di pace (.). Quando le nazioni giungono sulla vetta di Sion (.), ecco accadere quel miracolo che da sempre l'umanità attende (.). I popoli lasciano cadere dalle mani le armi (.), le spade vengono trasformate in aratri, le lance in falci".

"I Padri della Chiesa" - ha proseguito il Papa - "lo vedevano compiuto con la venuta di Cristo. Conseguentemente identificavano nella Chiesa il 'monte del tempio del Signore' (.), da cui usciva la Parola del Signore e a cui affluivano i popoli pagani, nella nuova era di pace inaugurata dal Vangelo".

"Perciò" - ha concluso il Santo Padre - "in modo particolare noi cristiani raccogliamo l'appello del profeta e cerchiamo di gettare le fondamenta di quella civiltà dell'amore e della pace in cui non ci sia più né guerra, 'né morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate'".

 

Articolo pubblicato nel sito del Vaticano il 4 settembre 2002

 


 

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