Caso? Ma nemmeno per caso!

I contendenti si riducono, come sempre, a due soli. Nella sfida per spiegare l'ordine meraviglioso dell'universo, Dio e il caso si contendono la vittoria. Stando ad alcuni, e noi siamo tra questi, solo una suprema intelligenza può essere all'origine del creato, dell'armonia che vi regna, dell'ordine sottostante i fenomeni che osserviamo. Secondo altri, l'armonia dell'universo è prodotta casualmente, non esiste alcun progettista, men che meno un Dio creatore, ordinatore e finalizzatore. Poi succede che siccome Dio è una ipotesi che non viene nemmeno presa in considerazione, ecco che a scuola, nei dibattiti televisivi, sulle pagine di quotidiani e riviste, tra i due contendenti il caso ha spesso la meglio. E noi cattolici facciamo la figura di chi, non al passo coi tempi, è un sottosviluppato culturale, bisognoso di aggiornamento, di chi ha messo in soffitta il sapere scientifico per fare posto alla fede. Ma davvero solo chi crede, solo chi ignora le conquiste della scienza, solo chi non s'aggiorna, può sostenere l'ipotesi Dio come ordinatore dell'universo? Una semplice indagine ci svela che tra gli scienziati, credenti e non credenti, al caso ci credono ormai in pochi. Non ci crede per niente Carlo Rubbia, fisico di casa nostra, premio Nobel 1984, secondo il quale "l'ordine troppo preciso" che si scopre guardando la natura, osservando il creato, studiando la sua struttura, "non può essere il risultato di un caso". Una affermazione autorevole, ma Rubbia passa per credente, arriva a Dio "percorrendo la strada della ragione" e sostiene che sono quelli che negano Dio a seguire "la strada dell'irrazionale".

Un collega di Rubbia, un fisico, anche lui premio Nobel nel 1966, Alfred Kastler (1902-1984) in Dio non ci credeva. Ma quando si interrogava, come scienziato, sulla possibilità che il caso fosse all'origine di quanto la sua scienza gli faceva conoscere, rispondeva con un paragone illuminante. Sentiamolo: "Supponiamo che nel corso di uno dei prossimi voli lunari venga esplorata la faccia sconosciuta della Luna, quella che ci è opposta e che non vediamo mai, ma che gli astronauti possono raggiungere. Fino ad oggi, essi sono sempre atterrati sulla parte visibile dalla Terra perché le comunicazioni via radio rimangono possibili, mentre non lo sono più quando ci si trova sull'altra faccia". E prosegue: "Supponiamo che essi abbiano la sorpresa di scoprire una fabbrica automatica che produce alluminio: esistono attualmente sulla terra fabbriche completamente automatiche. Essi vedrebbero da un lato delle pale che scavano il suolo e raccolgono l'allumina; dall'altro le barre di alluminio che ne escono. Essi vi troverebbero apparecchiature tipiche della fisica, processi di elettrolisi, poiché l'alluminio viene prodotto mediante elettrolisi di una soluzione di allumina nella criolina. In altre parole, dopo aver esaminato questa fabbrica, essi constaterebbero solo il verificarsi di normali fenomeni fisici perfettamente spiegabili con le leggi della causalità. Essi ne dovrebbero concludere che il caso ha creato tale fabbrica, oppure che degli esseri intelligenti sono discesi sulla Luna prima di essi e l'hanno costruita?". Che cosa risponderebbero i nostri lettori? Il buon senso, prima ancora che elementari nozioni di filosofia, farebbe loro dire che la fabbrica non si costruisce per caso. Nessuno, solo che avesse un po' di sale in zucca, potrebbe attribuire al caso la creazione di una fabbrica automatica sulla Luna. "Ebbene - concludeva il Nobel Kastler - in un essere vivente troviamo un sistema infinitamente più complesso di una fabbrica automatica. Voler ammettere che il caso ha creato tale essere mi sembra assurdo. Se esiste un programma, non posso ammettere programma senza programmatore: del quale però non voglio costruirmi un'immagine".

E, tuttavia, non è raro che insegnanti poco istruiti diano per scontato ciò che per Kastler è ovviamente assurdo. Ma il rifiuto del fisico austriaco di "costruirsi un'immagine" di quel "programmatore" che tutto ha fatto ordinatamente nasconde una scelta - meglio, una non scelta - che oggi è comoda per molti. Se il caso è assurdo, non resta che Dio. Ma ammettere Dio implica una vera conversione, un mutamento, una nuova prospettiva che coinvolge la vita stessa, non solo la professione. Allora, per evitare responsabilità, per svicolare pilatescamente dalla scelta, meglio rifiutare di "farsi un'immagine" del programmatore, di pensarci, di indagare, di approfondire. Atteggiamento tutt'altro che scientifico, ma per molti è così. Il buon senso, o il senso comune, alza la sua voce perenne e universale. Dio esiste, e ha lasciato tracce evidenti della sua presenza e della sua opera. Una di queste è l'ordine regnante nell'universo. Ma il buon senso fa difetto a molti. Non a Fred Hoyle, astronomo e matematico: "Basta una piccola serie di calcoli al computer per rendersi conto che la probabilità che questo sia avvenuto casualmente [sta parlando della possibilità che nel brodo primordiale di cui si favoleggia si sarebbero prodotti anche solo gli oltre duemila enzimi necessari al nostro corpo] è pari alla probabilità di ottenere sempre 12, per 50.000 volte di fila, gettando due dadi di fila sul tavolo".

Dadi non truccati aggiungiamo noi alle parole di Hoyle, che prosegue: "Più o meno la stessa probabilità del vecchio esempio della scimmia che, battendo su una macchina da scrivere, finirebbe con lo sfornare tutta intera la divina Commedia, con capoversi e punteggiatura al punto giusto". E se è impossibile che per caso si siano formati gli enzimi, può essere che sia accaduto a caso il sorgere della vita? Non serve la fede per rispondere: ma nemmeno per caso. Basta il buon senso. Le esemplificazioni rendono bene il frutto delle complicate ricerche scientifiche. Quella dell'australiano John Carew Eccles (1903-1997), premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 1963, è di una straordinaria immediatezza: "Supponiamo l'esistenza di un magazzino immenso di pezzi aeronautici, tutti nelle loro casse o sugli scaffali. Un edificio enorme, mettiamo di mille chilometri per lato. Arriva un ciclone che, per centomila anni, fa roteare e scontrare tra loro quei pezzi. Quando finalmente si placa, dove c'era il magazzino c'è una serie di quadrimotori già con le eliche che girano…

Ecco: stando proprio alla scienza, le probabilità che il caso abbia creato la vita sono più o meno quelle di questo esempio. Con, per giunta, un'aggravante: da dove vengono i materiali del magazzino?". I tempi stanno mutando, e il positivismo scientifico che ha regnato nel secolo scorso e fino a qualche decennio orsono è in pensione. Il caso sta perdendo la sua sfida con Dio. La scienza è oggi una finestra aperta sul Creatore. Gli scienziati più accorti, scevri da pregiudizi ideologici, scorgono nell'ordine del creato l'impronta di un Autore, di una Intelligenza suprema, di Dio. Qualcuno non lo chiama ancora così, ma che il caso non c'entri nulla con quel che studiano sembra ormai assodato. Ora, questa scoperta deve diventare di dominio pubblico. Anche a scuola, anche nei dibattiti televisivi, dove chi nega Dio dimostra di mancare di buon senso.

RICORDA: "L'universo si presenta in una quasi inesauribile varietà di esseri, di forme, di strutture, che non appaiono disordinate e irregolari, ma ordinate e sottostanti a leggi ben definite" (Vittorio Marcozzi, Caso e finalità, Massimo, I° ed., Milano 1976, p. 8). ; "La cultura dominante pretende di far passare per verità assolute una serie di menzogne. Questa cultura dice: "La scienza è nemica della fede". L'antitesi scienza-fede è la più grande mistificazione culturale di tutti i tempi" (Antonino Zichichi, tratto da Carlo Fiore, scienza e fede, Elle Di Ci, Torino 1986.

BIBLIOGRAFIA: VITTORIO MARCOZZI, Caso e finalità, Massimo, Milano 1976; EUGENIO CORTI - GIANCARLO CAVALLERI, scienza e fede, Mimep-Docete, Pessano (MI) 1995. RENE' LAURENTIN, Dio esiste. Ecco le prove (Le scienze erano contro. Ora conducono a Lui), Piemme, Casale Mon.to 1997. ANTONINO ZICHICHI, Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo (tra scienza e Fede), Il Saggiatore, Milano 1999.

 

Articolo di Gianpaolo Barra, "Il Timone" - Maggio/Giugno 1999

 


 

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