Le rivelazioni della Ven. Madre Maria di Agreda sulla nascita di Gesù

 

 

Cristo nostro bene nasce da Maria vergine in Betlemme di Giudea.

Il palazzo, che il supremo Re dei re e Signore dei signori teneva pronto per alloggiare nel mondo il suo eterno Figlio incarnato per gli uomini, era la più povera ed umile grotta, dove Maria santissima e Giuseppe si ripararono, rifiutati dagli alberghi e dalla pietà naturale degli stessi uomini. Questo luogo era così abietto e disprezzato che, quantunque la città di Betlemme fosse così piena di forestieri da mancare locande dove alloggiare, nessuno si degnò di occuparlo né di abbassarsi fino ad esso, e certamente non era adatto se non ai maestri dell'umiltà e della povertà: Cristo nostro bene e la sua purissima Madre. [...]

Maria santissima e Giuseppe entrarono in questo alloggio preparato per loro e, per lo splendore che emanavano i diecimila angeli che li accompagnavano, poterono facilmente riconoscerlo povero e solitario come lo desideravano, con grande consolazione e lacrime di gioia. [...] La grande Regina ed imperatrice del cielo, che già era informata del mistero da celebrarsi, voleva pulire con le sue stesse mani quella grotta, che ben presto doveva servire da trono regale e sacro propiziatorio, affinché a lei non mancasse l'esercizio dell'umiltà e al suo Figlio unigenito quel culto che era quanto in tale occasione poteva preparargli come ornamento del suo tempio.

Il santo sposo Giuseppe, attento alla maestà della sua divina sposa, di cui ella per la sua umiltà sembrava dimenticarsi, la supplicò di non privarlo di quel compito, che in quel momento spettava a lui. Affrettandosi, incominciò a pulire il suolo e gli angoli della grotta, ma non per questo l'umile Signora evitò di fare lo stesso insieme con lui. Tuttavia, essendo presenti i santi angeli in forma umana visibile e - a nostro modo d'intendere - trovandosi come mortificati alla vista di così devota contesa di umiltà della loro Regina, subito con santa emulazione si misero ad aiutarla o, per meglio dire, in brevissimo spazio di tempo ripulirono e spazzarono quella grotta, riempiendola tutta di fragranza. San Giuseppe accese del fuoco con gli attrezzi che a tale scopo aveva portato con sé. E poiché il freddo era grande, vi si avvicinarono per riceverne un po' di sollievo; mangiarono il povero cibo che avevano portato con incomparabile gioia delle loro anime, sebbene la Regina del cielo e della terra, essendo prossima l'ora del suo parto divino, fosse tanto assorta e rapita nel mistero che non avrebbe mangiato niente, se non si fosse frapposta l'obbedienza al suo sposo.

Una volta terminato di mangiare, ringraziarono il Signore come facevano sempre. Dopo essersi trattenuti per breve tempo in tale ringraziamento e nel parlare tra loro dei misteri del Verbo incarnato, la prudentissima Vergine, che sapeva già vicina l'ora del suo felicissimo parto, pregò il suo sposo Giuseppe di ritirarsi a riposare e a dormire un poco, perché la notte era già molto avanzata. Il santo uomo ubbidì alla sua sposa e le chiese che ella pure facesse lo stesso; a tal fine aggiustò e preparò con i panni portati con sé una mangiatoia piuttosto larga, posta in terra per gli animali che vi si riparavano. Lasciando così sistemata in questa sorta di letto Maria santissima, il santo Giuseppe si ritirò in un angolo della grotta, dove cominciò a pregare. Subito fu visitato dallo Spirito divino e sentì una forza soavissima e straordinaria da cui fu rapito ed elevato in un'estasi in cui gli fu mostrato tutto ciò che avvenne in quella notte nella fortunata grotta, perché non riprese i sensi fino a che non lo chiamò la divina sposa. [...]

La Regina delle creature, nel luogo in cui si trovava, fu nel medesimo tempo mossa da una forte chiamata dell'Altissimo con un'efficace e dolce trasformazione, che la sollevò al di sopra di tutte le cose create, e sentì nuovi effetti del potere divino; questa estasi fu infatti una delle più belle ed ammirabili della sua santissima vita. [...]

Maria santissima rimase in questa estasi più di un'ora, quella immediatamente precedente il suo parto divino. Uscendo quindi da questa visione beatifica e proprio mentre riprendeva i sensi, riconobbe e vide che il corpo del bambino Dio si muoveva nel suo grembo verginale, distaccandosi da quel luogo naturale, dove aveva dimorato nove mesi, e già stava per uscire da quel sacro talamo. Questo movimento del bambino non solo non provocò alla Vergine madre dolore o pena di sorta, come alle altre figlie di Adamo ed Eva in tale situazione, ma anzi la riempì tutta di giubilo e gioia incomparabili, dando origine nell'anima e nel corpo verginale di lei a effetti così alti e divini da sorpassare ogni pensiero creato. Ella rimase nel corpo tanto spiritualizzata e talmente bella e rifulgente, che non pareva neppure una creatura umana e terrena. Il volto, bellissimo, emanava raggi di luce, come un sole. L'espressione era assai grave, piena di maestà ammirabile, e il cuore infiammato e fervido. Stava genuflessa nella mangiatoia, con gli occhi sollevati al cielo, le mani giunte e strette al petto, lo spirito immerso nella Divinità e tutta divinizzata. In questa posizione, sul finire di quell'estasi divina, l'eminentissima Signora diede al mondo l'unigenito del Padre e suo, il nostro salvatore Gesù, Dio e uomo vero, a mezzanotte, in giorno di domenica [...]

Al termine della visione beatifica e dell'estasi della Madre sempre vergine, nacque da lei il sole di giustizia, Figlio dell'eterno Padre e suo, bellissimo, rifulgente e puro [...] Prima però di spiegare il modo miracoloso in cui tale cosa avvenne, dico che il bambino Dio nacque solo e puro senza quella membrana che chiamano secondina [la placenta e le membrane fetali espulse dall'utero nella fase finale del parto; N.d.R.], nella quale vengono ordinariamente alla luce gli altri bambini ed in cui sono avvolti nel grembo delle loro madri. [...]

Dal talamo verginale, dunque, il bambino Dio nacque solo e senz'altra cosa materiale o corporea che lo accompagnasse. Ne uscì, però, glorioso e trasfigurato, perché la Sapienza infinita dispose ed ordinò che la gloria dell'anima santissima ridondasse e si comunicasse al corpo del bambino Dio al momento di nascere, partecipandogli le doti di gloria, come avvenne poi sul Tabor alla presenza dei tre apostoli. [...]

Tenendolo così nelle sue braccia, la Regina delle creature fece da altare e da sacrario, dove i diecimila angeli in forma umana adorarono il loro Creatore fatto uomo. [...] Fu allora che in sua lode gli angeli intonarono quel canto nuovo: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" [...]

Già era tempo che la prudentissima ed accorta Signora chiamasse il suo fedelissimo sposo san Giuseppe, il quale, come ho detto prima, era rapito in un'estasi divina, in cui conobbe per rivelazione tutti i misteri del sacro parto che in quella notte si celebrarono. Conveniva, tuttavia, che anche con i sensi del corpo vedesse, toccasse, venerasse e adorasse il Verbo incarnato prima di qualsiasi altro mortale, perché egli solo era fra tutti eletto come dispensatore fedele di così eccelso mistero. Uscì dall'estasi per volontà della sua divina sposa e, ripresi i sensi, la prima cosa che vide fu il bambino Dio nelle braccia della sua Madre vergine, appoggiato al suo sacro volto e adagiato sul suo petto. Qui lo adorò tra le lacrime con profondissima umiltà. Gli baciò i piedi con tale giubilo ed ammirazione che gli sarebbe venuta meno la vita, se questa non gli fosse stata conservata dalla forza divina, ed avrebbe perso i sensi, se in quella circostanza non gli fosse stato necessario farne uso. Dopo che il santo Giuseppe ebbe adorato il bambino, la prudentissima Madre chiese licenza al suo medesimo Figlio di sedersi e lo avvolse in fasce e pannicelli, che il suo sposo le porgeva con incomparabile riverenza, devozione e delicatezza. Così fasciato, la stessa Madre divina lo depose nella mangiatoia, dopo aver posto un po' di paglia e di fieno su una pietra per adagiarlo nel primo letto che Dio fatto uomo ebbe sulla terra al di fuori delle braccia di sua madre. Subito da quelle campagne venne con somma prontezza, per volontà divina, un bue. Entrato nella grotta si unì all'asinello che la medesima Regina aveva portato. Ella comandò loro di adorare, con la riverenza di cui erano capaci, il loro Creatore e di riconoscerlo tale. Gli umili animali obbedirono al comando della loro Signora e si prostrarono davanti al bambino, lo riscaldarono col proprio fiato e gli prestarono l'ossequio negato dagli uomini. Così, Dio fatto uomo fu avvolto in panni e posto nella mangiatoia, fra gli animali, adempiendosi miracolosamente la profezia che dice: "Il bue conosce il proprietario e l'asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende". (Libro 4, cap. 4)

 

I tre re Magi vengono dall'oriente ed adorano il Verbo incarnato a Betlemme.

I tre re Magi, che vennero in cerca del bambino Gesù, erano nativi della Persia, dell'Arabia e di Saba, regioni che si trovano ad oriente della Palestina. [...]

Questi tre re erano molto sapienti nelle scienze naturali ed istruiti nelle Scritture del popolo di Dio; per la loro sapienza furono chiamati Magi. Per la conoscenza dei testi sacri e per i colloqui avuti con alcuni ebrei, giunsero a credere nella venuta del Messia, che Israele aspettava. Erano inoltre uomini retti, sinceri e molto giusti nel dirigere i loro stati; e poiché questi non erano tanto estesi come i regni dei nostri tempi, li governavano con facilità essi stessi ed amministravano la giustizia come re saggi e prudenti, dato che questo è l'ufficio che compete al re. Perciò, lo Spirito Santo dice che Dio tiene il suo cuore in mano per dirigerlo, come un canale d'acqua, dovunque egli vuole. Avevano anche cuori grandi e magnanimi, senza avarizia né cupidigia, la quale opprime, avvilisce e restringe gli animi dei principi. Poiché questi Magi vivevano in stati non lontani tra loro, si conoscevano, comunicavano tra loro circa le virtù morali che avevano e le scienze che praticavano e si davano notizia delle cose più grandi e rilevanti che giungevano a penetrare. Erano, insomma, amici e corrispondenti fedelissimi in tutto.

Già si è detto come nella medesima notte in cui nacque il Verbo incarnato essi furono avvisati della sua nascita nel tempo per ministero dei santi angeli. Accadde in questa maniera: uno degli angeli della scorta della nostra Regina, superiore a quelli dei Magi, fu inviato dalla grotta e illuminò i tre angeli custodi dei tre re, dichiarando loro la volontà e il messaggio del Signore, affinché ciascuno di essi manifestasse a quello a lui affidato il mistero dell'incarnazione e della nascita di Cristo nostro redentore. Subito ciascuno dei tre angeli parlò in sogno al re di cui era custode, alla stessa ora. Questo è l'ordine comune delle rivelazioni angeliche: passare dal Signore alle anime attraverso la gerarchia degli angeli. Questa illuminazione dei re fu molto abbondante e chiara circa i misteri dell'incarnazione, perché seppero che era nato il re dei giudei, vero Dio e vero uomo, che era il Messia e redentore promesso nelle Scritture e profezie, e che sarebbe stata data loro come guida, per poterlo cercare, quella stella che Balaam aveva profetizzato. I tre re compresero anche, ciascuno da sé, che lo stesso avviso veniva dato agli altri due e che questo non era beneficio né prodigio concesso loro per rimanere oziosi, ma affinché operassero con la luce divina quello che questa avrebbe loro insegnato. Furono elevati ed accesi di grande amore e desiderio di conoscere Dio fatto uomo, di adorarlo come loro creatore e redentore, di servirlo con più sublime perfezione; li aiutavano molto per tutto questo le eccellenti virtù morali che avevano acquisito, perché con esse si trovavano ben disposti a ricevere la luce divina.

Dopo questa rivelazione del cielo ricevuta in sogno, i tre re si svegliarono; subito si prostrarono a terra tutti e tre alla stessa ora e adorarono in spirito l'essere immutabile di Dio. [...] Immediatamente tutti e tre, guidati singolarmente da un medesimo spirito, determinarono di partire senza indugio per la Giudea in cerca del bambino Dio per adorarlo. Prepararono i tre doni da portargli: oro, incenso e mirra in quantità uguale, perché in tutto erano misteriosamente guidati; e, senza avere parlato fra sé, si trovarono concordi nelle determinazioni e nelle disposizioni. Per partire con prontezza e speditamente, approntarono in quello stesso giorno tutto il necessario: cammelli, equipaggio e servitori per il viaggio. Anziché preoccuparsi dello stupore che ciò avrebbe causato nel popolo o del fatto che andavano in un regno straniero, e con potere limitato e scarso apparato, senza avere notizie precise circa il luogo né segni per riconoscere il bambino, decisero con fervoroso zelo ed ardente amore di partire subito per cercarlo.

Nel medesimo tempo il santo angelo, che partito da Betlemme si era recato dai re, formò dall'etere una stella luminosissima, benché non grande come quelle del firmamento, perché bastava che fosse visibile da tale distanza, tanto da indirizzare e guidare i santi re fino alla grotta dove stava il bambino Dio. Aveva, però, un chiarore nuovo e diverso da quello del sole e con bellissima radiosità riluceva di notte come torcia luminosissima e di giorno si manifestava tra lo splendore del sole con straordinaria attività. All'uscire dalla propria casa questi re, benché ciascuno da un luogo diverso, videro la nuova stella, anche se era una sola, perché fu collocata a distanza ed altezza tali da poter essere vista da tutti allo stesso tempo. Incamminandosi tutti e tre dove li invitava la miracolosa stella, si vennero a riunire in breve tempo. Allora la stella si avvicinò molto di più a loro, abbassandosi e discendendo di molti gradi, cosicché essi potevano godere maggiormente del suo splendore. Parlarono insieme delle rivelazioni che avevano ricevuto e dell'intento di ciascuno, che era lo stesso. In tale colloquio s'infiammarono maggiormente nella devozione e nel desiderio di adorare il neonato. Restarono, inoltre, meravigliati e magnificarono l'Onnipotente per le sue opere e per i suoi sublimi misteri.

I Magi proseguirono il loro viaggio guidati dalla stella, senza perderla di vista finché giunsero a Gerusalemme. Per questo, come anche perché quella era la città più grande e la capitale dei giudei, stimarono che essa fosse la patria dove era nato il loro legittimo e vero re. Entrarono nella città e domandarono pubblicamente di lui, dicendo: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». Questa novità giunse all'orecchio di Erode, che in quel tempo, benché ingiustamente, regnava in Giudea e dimorava in Gerusalemme. L'iniquo re, spaventato all'udire che era nato un altro re più legittimo, restò turbato e si rattristò molto; con lui tutta la città s'inquietò, alcuni per adularlo ed altri per timore della novità. Come riferisce san Matteo, Erode comandò subito che si riunissero i sommi sacerdoti e gli scribi, ai quali domandò dove doveva nascere il Cristo, che essi secondo la loro fede e le loro Scritture aspettavano. Gli risposero che, secondo il vaticinio del profeta Michea, doveva nascere a Betlemme, perché questi aveva lasciato scritto che da quel luogo sarebbe uscito il capo che avrebbe retto il popolo d'Israele.

Erode, conosciuto il luogo in cui era nato il nuovo re d'Israele e meditando da quel momento di ucciderlo, licenziò i sacerdoti e chiamò segretamente i Magi per informarsi circa il tempo in cui avevano visto la stella che annunciava la sua nascita. Siccome essi glielo manifestarono con sincerità, disse loro con nascosta malizia: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». I Magi partirono e l'ipocrita re restò perplesso ed angosciato per i segni tanto certi della nascita nel mondo del legittimo Signore dei giudei.[...]

Quando uscirono da Gerusalemme, i Magi ritrovarono la stella che avevano perso al loro ingresso in città. Con la sua luce giunsero a Betlemme, alla grotta della nascita. La stella trattenne su di essa il suo corso e si abbassò entrando per la porta e, diminuendo la sua dimensione, non sparì se non dopo essersi posta sopra il capo del bambino Gesù; allora lo circondò tutto con la sua luce e subito la materia di cui era formata si dissolse. La nostra grande Regina era già stata avvisata dal Signore dell'arrivo dei re e, quando intuì che si avvicinavano alla grotta, ne diede notizia al santo sposo Giuseppe, non perché si appartasse, ma perché fosse presente al suo fianco. [...]

La divina Madre, con il neonato Dio tra le braccia, attendeva i devoti re; aveva incomparabile modestia e bellezza, e lo splendore del suo volto rivelava in quell'umile povertà indizi di maestà più che umana. Il bambino Dio spargeva un fulgore ancora più intenso, per cui tutta quella grotta era divenuta un cielo. I tre re orientali entrarono in essa ed alla prima vista del Figlio e della Madre rimasero a lungo meravigliati e pieni di stupore. Si prostrarono poi a terra ed in tale posizione riverirono ed adorarono il bambino, riconoscendolo come vero Dio e vero uomo e come redentore del genere umano. Alla vista e alla presenza del dolcissimo Gesù furono di nuovo illuminati interiormente dal potere divino. Conobbero la moltitudine degli spiriti angelici, che come servi e ministri del grande Re dei re e Signore dei signori assistevano con tremore e riverenza. Quindi, si alzarono in piedi e subito si congratularono con la loro e nostra Regina per essere madre del Figlio dell'eterno Padre, arrivando a venerarla genuflessi. Le domandarono la mano per baciargliela, come nei loro regni si era soliti fare con le regine. La prudentissima Signora ritirò la sua ed offrì loro quella del redentore del mondo [...]

A queste parole di Maria santissima i tre re si umiliarono di nuovo, adorarono il bambino Gesù e riconobbero il grande beneficio della nascita del sole di giustizia per illuminare le loro tenebre. Fatto questo, parlarono a san Giuseppe, esaltando la sua felicità nell'essere sposo della Madre di Dio, e per lei si congratularono con lui, compassionando tanta povertà ed ammirando che in Maria fossero racchiusi i maggiori misteri del cielo e della terra. Trascorsero in questo tre ore; poi, i re domandarono licenza a Maria santissima di andare in città a prendere alloggio, non essendovi posto per trattenersi nella grotta e stare con lei. Li seguivano molti, ma solo i Magi ricevettero gli effetti della luce e della grazia. Gli altri, che ponevano gli occhi e l'attenzione soltanto sull'esteriore e guardavano lo stato povero e spregevole della Madre e del suo sposo, anche se sentirono qualche meraviglia per la novità, non compresero il mistero. I re si licenziarono e partirono, mentre Maria santissima e Giuseppe rimasero soli con il bambino, dando gloria a sua Maestà con nuovi cantici di lode, perché il suo nome cominciava ad essere conosciuto ed adorato dalle genti. [...] (Libro 4, cap. 16)

 

I re Magi ritornano per la seconda volta a vedere e ad adorare il bambino Gesù, gli offrono i loro doni e, congedatisi, prendono un'altra strada per tornare alle loro terre.

Dalla grotta della natività, i tre re se ne andarono a riposare in una locanda nella città di Betlemme. Quella notte, ritiratisi in disparte in una stanza, tra innumerevoli lacrime e sospiri si misero a parlare di ciò che avevano visto, degli effetti che avevano ricevuto e di ciò che avevano notato nel bambino Gesù e nella sua Madre santissima. [...] 

Il giorno seguente, allo spuntare dell'alba, ritornarono alla grotta della natività per offrire al Re celeste i doni che avevano preparato. Entrarono e, prostrati a terra, lo adorarono con nuova e profondissima umiltà; aprendo i loro tesori, come dice il Vangelo, gli offrirono oro, incenso e mirra. Parlarono poi con la divina Madre e la consultarono su molti dubbi concernenti i misteri della fede e su questioni riguardanti le loro coscienze e il governo dei loro stati; infatti desideravano far ritorno ai loro paesi ben informati e ammaestrati, per comportarsi santamente e perfettamente in tutto. [...] 

La divina Madre ricevette i doni dei re e a nome loro li offrì al bambino Gesù. Sua Maestà con espressione grata mostrò di accettarli, li benedisse in maniera visibile ed essi compresero che attraverso tale benedizione, in cambio di ciò che gli avevano offerto, egli dava loro abbondanza di doni del cielo, cioè più del cento per uno. Offrirono poi alla divina principessa alcuni gioielli di grande valore, secondo il costume della loro patria; ma sua Altezza li restituì ai re, poiché non avevano alcun rapporto con il mistero, e conservò solamente i tre doni dell'oro, dell'incenso e della mirra. Per lasciarli partire di là maggiormente consolati, diede loro alcuni panni di quelli in cui aveva avvolto il bambino Dio, perché non aveva, né poteva avere, altri pegni d'amore visibili, con i quali rimandarli arricchiti dalla sua presenza. I tre re ricevettero queste reliquie con tale venerazione e stima che le custodirono, dopo averle incastonate in oro e guarnite di pietre preziose. Ed esse, a testimonianza della loro grandezza, diffondevano e spargevano un così copioso profumo, che si sentiva quasi a distanza di una lega [a vari chilometri di distanza; N.d.R.]. Si comunicava, però, solamente a quelli che avevano fede nella venuta di Dio nel mondo, mentre gli increduli non parteciparono di questo favore, né sentirono la fragranza delle preziose reliquie, con le quali i re operarono grandi miracoli nelle loro patrie.

[...] Così, con la benedizione di tutti e tre, presero commiato con tale affetto e tenerezza che credettero di lasciare lì i loro cuori, convertiti in lacrime e sospiri. Poiché l'angelo in quella notte li ammonì in sogno di non tornare a Gerusalemme da Erode, nel partire da Betlemme presero un'altra strada, venendo guidati dalla medesima stella, o da un'altra, che apparve loro a tal fine; essa li condusse sino al luogo dove si erano incontrati e di là ciascuno ritornò nella sua patria.

Il resto della vita di questi felicissimi re fu corrispondente alla loro divina vocazione, perché nei propri paesi vissero e si comportarono come discepoli della Maestra della santità, secondo l'insegnamento della quale governarono se stessi e i loro sudditi. Con l'esempio della loro vita e con l'annuncio che diedero del Salvatore del mondo, convertirono una grande moltitudine di anime alla conoscenza di Dio e al cammino della salvezza. Dopo ciò, sazi di giorni e colmi di meriti, finirono i loro anni in santità e giustizia, venendo favoriti in vita e in morte dalla Madre della misericordia. [...] (Libro 4, cap. 17)

 

 

Fonti:

"Mistica città di Dio: vita della Vergine Madre di Dio", Maria D'Agreda;
"The Mystical City of God: Popular Abridgement: The Divine History and Life of the Virgin Mother of God", Venerable Mary of Agreda, Catholic Way Publishing, 2014;
Siti Web: Santo Rosario Online -  La mistica città di Dio, Coming of the Kingdom, Mystical City of God Virgin Mary (theworkofgod.org).

 

Consulta anche le note biografiche sulla Ven. Madre Maria di Agreda

 

 

Profezie per il Terzo Millennio - Dicembre 2020


 

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