PREMESSA

 

Apparizioni e rivelazioni: scopi e significato, discernimento, atteggiamento e responsabilità dei fedeli

 

 

 

Rivelazione pubblica e rivelazione privata

L'insegnamento della Chiesa distingue fra la " rivelazione pubblica " e le " rivelazioni private ". Fra le due realtà vi è una differenza non solo di grado ma di essenza. Il termine " rivelazione pubblica " designa l'azione rivelativa di Dio destinata a tutta quanta l'umanità, che ha trovato la sua espressione letteraria nelle due parti della Bibbia: l'Antico ed il Nuovo Testamento. Si chiama " rivelazione ", perché in essa Dio si è dato a conoscere progressivamente agli uomini, fino al punto di divenire egli stesso uomo, per attirare a sé e a sé riunire tutto quanto il mondo per mezzo del Figlio incarnato Gesù Cristo. […] In Cristo Dio ha detto tutto, cioè se stesso, e pertanto la rivelazione si è conclusa con la realizzazione del mistero di Cristo, che ha trovato espressione nel Nuovo Testamento. Il Catechismo della Chiesa Cattolica cita, per spiegare questa definitività e completezza della rivelazione, un testo di San Giovanni della Croce: " Dal momento in cui ci ha donato il Figlio suo, che è la sua unica e definitiva parola, ci ha detto tutto in una sola volta in questa sola Parola... Infatti quello che un giorno diceva parzialmente ai profeti, l'ha detto tutto nel suo Figlio... Perciò chi volesse ancora interrogare il Signore e chiedergli visioni o rivelazioni, non solo commetterebbe una stoltezza, ma offenderebbe Dio, perché non fissa il suo sguardo unicamente in Cristo e va cercando cose diverse e novità " (CCC 65, S. Giovanni della Croce, Salita al Monte Carmelo, II, 22).

Il fatto che l'unica rivelazione di Dio rivolta a tutti i popoli è conclusa con Cristo e con la testimonianza a lui resa nei libri del Nuovo Testamento vincola la Chiesa all'evento unico della storia sacra e alla parola della Bibbia, che garantisce e interpreta questo evento, ma non significa che la Chiesa ora potrebbe guardare solo al passato e sarebbe così condannata ad una sterile ripetizione. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice al riguardo: " ... anche se la Rivelazione è compiuta, non è però completamente esplicitata; toccherà alla fede cristiana coglierne gradualmente tutta la portata nel corso dei secoli " (n. 66). I due aspetti del vincolo con l'unicità dell'evento e del progresso nella sua comprensione sono molto bene illustrati nei discorsi d'addio del Signore, quando egli congedandosi dice ai discepoli: " Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé... Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l'annunzierà " (Gv 16, 12-14). Da una parte, lo Spirito fa da guida e così dischiude una conoscenza, per portare il peso della quale prima mancava il presupposto […] Il Concilio Vaticano II indica tre vie essenziali, in cui si realizza la guida dello Spirito Santo nella Chiesa e quindi la " crescita della Parola ": essa si compie per mezzo della meditazione e dello studio dei fedeli, per mezzo della profonda intelligenza, che deriva dall'esperienza spirituale e per mezzo della predicazione di coloro " i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità " (Dei Verbum, 8).

In questo contesto diviene ora possibile intendere correttamente il concetto di " rivelazione privata ", che si riferisce a tutte le visioni e rivelazioni che si verificano dopo la conclusione del Nuovo Testamento […] Ascoltiamo ancora al riguardo innanzitutto il Catechismo della Chiesa Cattolica: " Lungo i secoli ci sono state delle rivelazioni chiamate "private", alcune delle quali sono state riconosciute dall'autorità della Chiesa... Il loro ruolo non è quello... di "completare" la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica " (n. 67). Vengono chiarite due cose:

1. L'autorità delle rivelazioni private è essenzialmente diversa dall'unica rivelazione pubblica: questa esige la nostra fede; in essa infatti per mezzo di parole umane e della mediazione della comunità vivente della Chiesa Dio stesso parla a noi. La fede in Dio e nella sua Parola si distingue da ogni altra fede, fiducia, opinione umana. La certezza che Dio parla mi dà la sicurezza che incontro la verità stessa e così una certezza, che non può verificarsi in nessuna forma umana di conoscenza. E la certezza, sulla quale edifico la mia vita e alla quale mi affido morendo.

2. La rivelazione privata è un aiuto per questa fede, e si manifesta come credibile proprio perché mi rimanda all'unica rivelazione pubblica. Il Cardinale Prospero Lambertini, futuro Papa Benedetto XIV, dice al riguardo nel suo trattato classico, divenuto poi normativo sulle beatificazioni e canonizzazioni: " Un assentimento di fede cattolica non è dovuto a rivelazioni approvate in tal modo; non è neppure possibile. Queste rivelazioni domandano piuttosto un assentimento di fede umana conforme alle regole della prudenza, che ce le presenta come probabili e piamente credibili ". Il teologo fiammingo E. Dhanis, eminente conoscitore di questa materia, afferma sinteticamente che l'approvazione ecclesiale di una rivelazione privata contiene tre elementi: il messaggio relativo non contiene nulla che contrasta la fede ed i buoni costumi; è lecito renderlo pubblico, ed i fedeli sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione […] Un tale messaggio può essere un valido aiuto per comprendere e vivere meglio il Vangelo nell'ora attuale; perciò non lo si deve trascurare. E un aiuto, che è offerto, ma del quale non è obbligatorio fare uso.

Il criterio per la verità ed il valore di una rivelazione privata è pertanto il suo orientamento a Cristo stesso. Quando essa ci allontana da lui, quando essa si rende autonoma o addirittura si fa passare come un altro e migliore disegno di salvezza, più importante del Vangelo, allora essa non viene certamente dallo Spirito Santo, che ci guida all'interno del Vangelo e non fuori di esso. Ciò non esclude che una rivelazione privata ponga nuovi accenti, faccia emergere nuove forme di pietà o ne approfondisca e ne estenda di antiche. Ma in tutto questo deve comunque trattarsi di un nutrimento della fede, della speranza e della carità, che sono per tutti la via permanente della salvezza. […] La più antica lettera di San Paolo che ci è stata conservata, forse il più antico scritto in assoluto del Nuovo Testamento, la prima lettera ai Tessalonicesi, mi sembra offrire un'indicazione. L'apostolo qui dice: " Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono " (5, 19-21). In ogni tempo è dato alla Chiesa il carisma della profezia, che deve essere esaminato, ma che anche non può essere disprezzato. Al riguardo occorre tener presente che la profezia nel senso della Bibbia non significa predire il futuro, ma spiegare la volontà di Dio per il presente e quindi mostrare la retta via verso il futuro. Colui che predice l'avvenire viene incontro alla curiosità della ragione, che desidera squarciare il velo del futuro; il profeta viene incontro alla cecità della volontà e del pensiero e chiarisce la volontà di Dio come esigenza ed indicazione per il presente. L'importanza della predizione del futuro in questo caso è secondaria. Essenziale è l'attualizzazione dell'unica rivelazione, che mi riguarda profondamente: la parola profetica è avvertimento o anche consolazione o entrambe insieme. In questo senso si può collegare il carisma della profezia con la categoria dei " segni del tempo ", che è stata rimessa in luce dal Vaticano II: " ... Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? " (Lc 12, 56). Per " segni del tempo " in questa parola di Gesù si deve intendere il suo proprio cammino, egli stesso. Interpretare i segni del tempo alla luce della fede significa riconoscere la presenza di Cristo in ogni tempo. Nelle rivelazioni private riconosciute dalla Chiesa […] si tratta di questo: aiutarci a comprendere i segni del tempo ed a trovare per essi la giusta risposta nella fede. [1]

 

La visione

[…]

L'antropologia teologica distingue in questo ambito tre forme di percezione o " visione ": la visione con i sensi, quindi la percezione esterna corporea, la percezione interiore e la visione spirituale (visio sensibilis - imaginativa - intellectualis). E chiaro che nelle visioni di Lourdes, Fatima, ecc. non si tratta della normale percezione esterna dei sensi: le immagini e le figure, che vengono vedute, non si trovano esteriormente nello spazio, come vi si trovano ad esempio un albero o una casa. Ciò è del tutto evidente, ad esempio, per quanto riguarda la visione dell'inferno […] di Fatima […] ma si può dimostrare molto facilmente anche per le altre visioni, soprattutto perché non tutti i presenti le vedevano, ma di fatto solo i " veggenti ". Così pure è evidente che non si tratta di una " visione " intellettuale senza immagini, come essa si trova negli alti gradi della mistica. Quindi si tratta della categoria di mezzo, la percezione interiore, che certamente ha per il veggente una forza di presenza, che per lui equivale alla manifestazione esterna sensibile.

Vedere interiormente non significa che si tratta di fantasia, che sarebbe solo un'espressione dell'immaginazione soggettiva. Piuttosto significa che l'anima viene sfiorata dal tocco di qualcosa di reale anche se sovrasensibile e viene resa capace di vedere il non sensibile, il non visibile ai sensi — una visione con i " sensi interni ". Si tratta di veri " oggetti ", che toccano l'anima, sebbene essi non appartengano al nostro abituale mondo sensibile. Per questo si esige una vigilanza interiore del cuore, che per lo più non c'è a motivo della forte pressione delle realtà esterne e delle immagini e pensieri che riempiono l'anima. La persona viene condotta al di là della pura esteriorità e dimensioni più profonde della realtà la toccano, le si rendono visibili. Forse si può così comprendere perché proprio i bambini siano i destinatari preferiti di tali apparizioni: l'anima è ancora poco alterata, la sua capacità interiore di percezione è ancora poco deteriorata. " Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai ricevuto lode ", risponde Gesù con una frase del Salmo 8 (v. 3) alla critica dei Sommi Sacerdoti e degli anziani, che trovavano inopportuno il grido di osanna dei bambini (Mt 21, 16).

La " visione interiore " non è fantasia, ma una vera e propria maniera di verificare, abbiamo detto. Ma comporta anche limitazioni. Già nella visione esteriore è sempre coinvolto anche il fattore soggettivo: non vediamo l'oggetto puro, ma esso giunge a noi attraverso il filtro dei nostri sensi, che devono compiere un processo di traduzione. Ciò è ancora più evidente nella visione interiore, soprattutto allorché si tratta di realtà, che oltrepassano in se stesse il nostro orizzonte. Il soggetto, il veggente, è coinvolto in modo ancora più forte. Egli vede con le sue possibilità concrete, con le modalità a lui accessibili di rappresentazione e di conoscenza. Nella visione interiore si tratta in modo ancora più ampio che in quella esteriore di un processo di traduzione, così che il soggetto è essenzialmente compartecipe del formarsi, come immagine, di ciò che appare. L'immagine può arrivare solo secondo le sue misure e le sue possibilità. Tali visioni pertanto non sono mai semplici " fotografie " dell'aldilà, ma portano in sé anche le possibilità ed i limiti del soggetto che percepisce.

Ciò lo si può mostrare in tutte le grandi visioni dei santi; […] Le immagini da essi delineate non sono affatto semplice espressione della loro fantasia, ma frutto di una reale percezione di origine superiore ed interiore, ma non sono neppure da immaginare come se per un attimo il velo dell'aldilà venisse tolto ed il cielo nella sua pura essenzialità apparisse, così come un giorno noi speriamo di vederlo nella definitiva unione con Dio. Le immagini sono piuttosto, per così dire, una sintesi dell'impulso proveniente dall'Alto e delle possibilità per questo disponibili del soggetto che percepisce, cioè dei bambini. Per questo motivo il linguaggio immaginifico di queste visioni è un linguaggio simbolico. […] Questo addensamento di tempi e spazi in un'unica immagine è tipica per tali visioni, che per lo più possono essere decifrate solo a posteriori. Non ogni elemento visivo deve, al riguardo, avere un concreto senso storico. Conta la visione come insieme, e a partire dall'insieme delle immagini devono essere compresi i particolari. Quale sia il centro di un'immagine, si svela ultimamente a partire da ciò che è il centro della " profezia " cristiana in assoluto: il centro è là dove la visione diviene appello e guida verso la volontà di Dio. [1]

 

La rivelazione privata

La prova dell’autenticità di una rivelazione privata è sempre la sua concordanza con la rivelazione pubblica che fa parte del deposito di fede della Chiesa Cattolica. Per esempio, presunte rivelazioni che si propongono di migliorare, correggere o soppiantare la Rivelazione Pubblica vengono rifiutate dalla Chiesa in quanto ritenute non autentiche.

Tuttavia la Chiesa ha riconosciuto alcune rivelazioni private, ritenendole credibili; sono quelle qualificate come "constat de supernaturalitate". Tali rivelazioni non possono correggere o aggiungere nulla alla Rivelazione pubblica, tuttavia possono contribuire ad una più profonda comprensione della fede, dando vita a nuovi filoni di investigazione teologica o richiamando profeticamente l’umanità a vivere il Vangelo (come avvenne a Fatima).

Nessuna rivelazione privata può essere ritenuta necessaria per la salvezza, sebbene i suoi contenuti possono ovviamente coincidere con ciò che, dalle Scritture e dalla Tradizione, si sa essere necessario per la salvezza. La persona che crede negli insegnamenti del Magistero, utilizza devotamente i mezzi sacramentali di santificazione e preghiera e rimane in comunione con il Papa e i vescovi, sta già usando i mezzi necessari per la salvezza. Una rivelazione privata può richiamare gli individui ostinati, accresce la devozione di una persona che è già di per sé devota, incoraggiare la preghiera e la penitenza a favore degli altri, ma per la fede cattolica, non può sostituire i sacramenti e la comunione gerarchica con il Papa e i vescovi.

L’accettazione da parte dei fedeli di una rivelazione privata approvata dalla Chiesa (intesa come Santa Sede, in quanto solo i suoi atti hanno un valore universale) non si fonda sulla garanzia della Fede o sul carisma dell’infallibilità, ma sulla credibilità dell’evidenza dei fatti che si appella alla ragione. Il consenso da parte dei fedeli non è soprannaturale ma è piuttosto il consenso naturale che l’intelletto attribuisce a fatti che giudica essere veri.

Così, le rivelazioni private approvate dalla Chiesa possono essere accettate dai fedeli e possono essere di grande beneficio per essi. Tuttavia i fedeli non sono obbligati a crederci. Come afferma Papa Benedetto XIV, è possibile rifiutare o accettare tali rivelazioni a patto che lo si faccia per valide ragioni e con la dovuta modestia.

Le rivelazioni private approvate possono provenire da due fonti. La prima è il misticismo dei servi di Dio che sono stati proposti per la canonizzazione. Quando la diocesi che ha avviato la causa, conclude la sua investigazione e inoltra la documentazione a Roma, la Congregazione per le Cause dei Santi intraprende il proprio studio sulla vita della persona in questione.

Se la Congregazione determina che la persona ha condotto una vita di virtù eroiche, la sua decisione necessariamente include il giudizio che i suoi scritti, compresi eventualmente quelli di natura mistica, non sono contrari alla fede e alla morale. Se il Santo Padre è d’accordo, la persona viene dichiarata Venerabile. La successiva canonizzazione (generalmente considerata un atto dell’infallibilità papale), non può che accrescere la credibilità degli scritti di quella persona e la considerazione che i cattolici dovrebbero avere per essi.

Il secondo tipo di rivelazioni private proviene dalle apparizioni. Se le apparizioni qualificate a livello diocesano "constat de supernaturalitate" ricevono l’approvazione della Santa Sede attraverso un giudizio favorevole, il favore espresso dal Papa nei riguardi dei siti delle apparizioni, l’approvazione di una festa liturgica, la canonizzazione del veggente o altri chiari segni di approvazione, allora anche in questo caso ci può essere un’accettazione da parte dei fedeli delle rivelazioni, basata però solo sulla fede umana e secondo le regole di prudenza necessarie in questi casi.

Poiché la maggior parte delle rivelazioni private e delle presunte apparizioni non hanno ottenuto un pronunciamento ufficiale della Santa Sede, i fedeli spesso si trovano da soli a dover giudicare se esse siano credibili.

Se la persona (vivente o deceduta che sia) ha una reputazione di santità (come per esempio nel caso di Padre Pio) allora chiaramente ogni sua rivelazione mistica avrà già una considerevole credibilità, ancor prima che ci sia stato un pronunciamento formale da parte della Chiesa. La testimonianza di sacerdoti, specialmente quella dei direttori spirituali della persona in questione, è un elemento chiave nel determinarne la credibilità. Tuttavia anche qui bisogna mantenere una certa prudenza.

Il direttore spirituale deve essere competente in teologia mistica, credibile come persona e con una buona reputazione nella Chiesa. Tanti falsi mistici sono riusciti ad ingannare direttori spirituali che erano alquanto sprovveduti, molto anziani o che non avevano una sufficiente competenza. Come regola, un vescovo, non appena gli viene sottoposto il caso del presunto mistico, dovrebbe assegnargli un direttore esperto, in maniera tale da garantire un’adeguata valutazione.

Nel caso delle apparizioni, esse spesso capitano a individui di cui non si sa molto. La credibilità di queste apparizioni inizialmente può risiedere nell’atteggiamento del clero locale e dalle esperienze personali di chi ha assistito ai fenomeni. Possono esserci o non esserci fenomeni apparentemente fuori dall’ordinario. Il messaggio può risultare o non risultare concordante con gli insegnamenti della Chiesa. La persona o le persone possono avere o non avere un direttore spirituale. Ed infine esse possono essere o non essere state investigate dal vescovo locale per stabilirne la credibilità. Alla fine i fedeli si trovano da soli a destreggiarsi in uno mare di informazioni che finisce per lasciarli dubbiosi e perplessi. Se il messaggio è ortodosso, il veggente(i) ha una buona reputazione, il clero è favorevole, i segni sono positivi, per i fedeli è possibile dare un prudente giudizio sulla sua credibilità, persino se manca un’investigazione ufficiale.

Certamente coloro che erano presenti alle apparizioni di Lourdes e Fatima, così come quelli che ci hanno creduto prima che la Chiesa le approvasse, hanno dovuto dare questo giudizio. Tuttavia i fedeli hanno il massimo beneficio dal giudizio del vescovo della diocesi in cui l’apparizione ha luogo. Egli ha l’autorità per costituire una commissione di esperti in campo scientifico e teologico per giudicare il caso, ma anche la grazia della vocazione per realizzare questo servizio pastorale. Sebbene la sua decisione non sia infallibile, si presume che sia corretta e pertanto dovrebbe ricevere la rispettosa adesione dei fedeli.

Pertanto tali decisioni dovrebbero essere, nella generalità dei casi, decisive nel giudizio prudenziale dei fedeli. Dovrebbero esserci ragioni teologiche molto importanti e fondate (non sensazioni o il semplice fatto di non essere d’accordo con i contenuti delle presunte apparizioni) per trovare dei difetti in tali decisioni.

 

Criteri di discernimento

Quando il vescovo decide di indagare su presunte apparizioni o rivelazioni, nomina una commissione. La commissione dovrà interrogare i veggenti, sentire i testimoni, visitare il sito su cui si sono verificati gli eventi.

E’ importante assicurarsi sulle condizioni psichiche e intellettuali e sulle qualità morali del soggetto(i) che afferma di aver assistito alle apparizioni. Questo deve essere sano di mente, onesto, sincero, e con una condotta irreprensibile, obbediente alle autorità ecclesiastiche, capace di ritornare alle normali pratiche della fede (partecipare al culto comunitario, ricevere i sacramenti).

I contenuti delle rivelazioni devono essere teologicamente e moralmente accettabili e non devono contenere errori.

Vanno valutati anche i frutti spirituali permanenti e gli effetti positivi che il fenomeno ha sulle persone dal punto di vista della fede: conversioni, devozione popolare attraverso pellegrinaggi e iniziative religiose, ecc..

 

Tipi di decisioni

Il vescovo può prendere tre tipi di decisioni:

  1. constat de supernaturalitate (il caso è di origine soprannaturale);
  2. constat de non supernaturalitate (il caso non è di origine soprannaturale);
  3. non constat de supernaturalitate (non è possibile stabilire se il caso è di origine soprannaturale).

1. Constat de supernaturalitate. Se una presunta apparizione viene giudicata soprannaturale, significa che sono stati riscontrati i segni o la prova che essa è un autentico intervento miracoloso del Cielo. Questo giudizio è possibile solo quando sussistono: evidenza di fenomeni soprannaturali, validità dottrinale, integrità morale, salute mentale, sana devozione e frutti spirituali permanenti fra i fedeli.

Secondo gli insegnamenti della Chiesa, la maggior parte dei fenomeni di carattere mistico (visioni, apparizioni, locuzioni, estasi, conoscenza mistica, ecc.) sono determinati da angeli che agiscono per conto di Dio. La presenza di tali fenomeni non costituisce però una prova inequivocabile del loro carattere soprannaturale. Ciascuna delle apparizioni approvate dalla Chiesa possiede tali chiari segni, dalle guarigioni istantanee e scientificamente inspiegabili di Lourdes ai prodigi del 13 ottobre 1917 a Fatima, ma anche gli altri segni di autenticità sopra elencati.

2. Constat de non supernaturalitate. Se una presunta apparizione viene giudicata non soprannaturale, ciò può voler dire sia che essa non è miracolosa, sia che mancano segni sufficienti a qualificarla come miracolosa. Rivelazioni private che, per esempio, sono pericolose dal punto di vista dottrinale o che manifestano ostilità verso la legittima autorità, non possono provenire da Dio. Potrebbero persino essere di origine demoniaca, specialmente se sono accompagnate da segni straordinari. Il diavolo per ingannare i fedeli è capace di mischiare verità e bugie, confondendoli con segni e prodigi al fine di dare credibilità al suo messaggio. Il suo scopo è quello di allontanarli dalla Chiesa, facendogli credere cose che sono contrarie al deposito della fede o inducendoli ad agire in disprezzo dell’autorità della Chiesa. Un atteggiamento di superbia e di condanna nei confronti della Chiesa, è un chiaro segno della sua presenza.

Una presunta rivelazione può anche essere soltanto una pia meditazione, concordante con la fede e la morale, ma senza alcuna prova che si tratti di qualcosa di più di un prodotto della mente umana. Questo non vuole dire necessariamente che ci sia una frode, spesso si tratta soltanto del frutto di una fervida immaginazione.

E infine può accadere che nella rivelazione possano esserci sia una valida base dottrinale che fenomeni inspiegabili, ma essi non sono giudicati sufficienti a dimostrarne il carattere soprannaturale. In quest’ultimo caso esiste la possibilità di una futura revisione.

3. Non constat de supernaturalitate. Può non essere evidente il fatto che una presunta apparizione sia autentica. In questo caso il giudizio rimane completamente aperto a possibili futuri sviluppi, in attesa che col tempo possano intervenire dei fatti o emergere delle prove che dimostrino in maniera incontrovertibile il carattere soprannaturale degli eventi in questione.

 

La responsabilità dei fedeli

La prima responsabilità del fedele è quella di essere fermo nella sua fede, nella pratica dei sacramenti e nella comunione con il Papa e con i vescovi. Qualsiasi cattolico che rivolge tutta la sua attenzione alle rivelazioni private a scapito delle Sacre Scritture, degli insegnamenti della Chiesa (specialmente il Catechismo), della pratica sacramentale, della preghiera e ovviamente della fedeltà all’autorità della Chiesa, è in errore.

Un’attenzione predominante o addirittura esclusiva verso le rivelazioni e le profezie (specialmente quelle di carattere apocalittico), non solo non è utile ma produce una spiritualità non equilibrata. Qualora la Chiesa dovesse condannare le presunte rivelazioni nelle quali la persona ha riposto tutta la propria fede e questa persona dovessero ritrovarsi a credere più in queste che nell’autorità soprannaturale della Chiesa, satana avrà ottenuto la sua vittoria.

La seconda responsabilità è quella di prendere in considerazione innanzitutto quelle rivelazioni e apparizioni approvate dalla Chiesa. All’interno di una pratica equilibrata della fede, i contenuti edificanti delle rivelazioni private approvate possono dar vita a una maggiore devozione e fedeltà al Vangelo. Dio, in particolari epoche, ha scelto di dare consiglio alla Chiesa attraverso questi mezzi, e sarebbe imprudente da parte nostra ignorare quei fatti che possono essere credibilmente considerati come un Suo intervento profetico nella vita della Sua Chiesa.

Il Concilio Vaticano II ci esorta a discernere lo Spirito nel caso di grazie straordinarie, il che significa assoggettarle a tutte le possibili indagini teologiche e umane per appurarne la credibilità.

Ovviamente, il giudizio del vescovo locale è un elemento chiave per tale discernimento. Purtroppo, abbastanza spesso ai fedeli si trovano a dover fare essi stessi questa valutazione, affidandosi alle testimonianze sugli eventi, al giudizio di sacerdoti e al buon senso. Bisogna sempre considerare che per quanto credibili e accettabili tali rivelazioni possano apparire, Dio non chiederebbe mai a qualcuno di separarsi dalla fede e dalla disciplina dovute alla Chiesa, per seguirle.

I fedeli devono obbedire ai loro vescovi quando essi agiscono come rappresentanti di Cristo (canone 212), ossia quando stabiliscono, in qualità di pastori di una particolare chiesa, una disciplina vincolante. Questa obbedienza dovuta ai vescovi è intesa a promuovere il bene comune.

Pertanto, le disposizioni disciplinari che il vescovo emana riguardo alle apparizioni e al loro sito dovrebbero essere osservate fedelmente. Nessun cattolico dovrebbe mai violare le norme pratiche stabilite dal vescovo locale riguardo ad una presunta apparizione, anche nel caso in cui esso sia in disaccordo, a livello intellettuale, con le conclusioni del vescovo. Tale disobbedienza costituirebbe un peccato e se caratterizzasse l’atteggiamento dei sostenitori della presunta apparizione, sarebbe un segno della sua non autenticità poiché mostrerebbe di produrre cattivi frutti spirituali.

 

Diffusione

Nel 1966, Papa Paolo VI abolì i canoni 1399 e 2318 del Codice Canonico del 1917. Questi articoli proibivano la pubblicazione di libri e opuscoli che riguardavano nuove apparizioni, rivelazioni, visioni, profezie e miracoli. Tali divieti alla pubblicazione non figurano neanche nel nuovo Codice del 1983, pertanto oggi è consentito divulgare documenti su presunte apparizioni e rivelazioni senza che questi debbano essere sottoposti preventivamente al giudizio della Chiesa.

E’ bene precisare però, che tale divieto continua ad essere valido per tutte quelle apparizioni e rivelazioni che sono state condannate dalla Chiesa o che comunque hanno dei contenuti contrari alla fede e alla morale cattolica. In queste situazioni i fedeli sono tenuti a non diffondere informazioni o messaggi che abbiano attinenza con questi casi.

 

 

 

 

[1] "Commento teologico alla terza parte del segreto di Fatima" del Card. Joseph Ratzinger

Altri riferimenti:
"Apparitions/Private Revelations" di Colin B. Donovan, STL (EWTN);
"Discerning the Miraculous: Norms for Judging Apparitions and Private Revelations" di Frederick Jelly, O.P. (1993);
"Canonical Considerations regarding Alleged Apparitions" di Don Michael Smith Foster, JCD (1995).

 

"Profezie per il Terzo Millennio" - maggio 2001


 

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