CATECHESI SULL'APOCALISSE
DI SAN GIOVANNI APOSTOLO

don Guglielmo Fichera

3ª puntata - 4ª parte

 

 

 

CAPITOLO 11

I DUE TESTIMONI

"La profezia si riferisce alla tribolazione della Chiesa, simboleggiata dal santuario e dall’altare di Gerusalemme. La tribolazione è dovuta, in ultima analisi, alle forze del male, cioè alla Bestia, figura dell’Anticristo, che fa la sua comparsa nella città santa (cfr. Ap 11,7). /.../ Questo insegnamento profetico dell’Apocalisse riflette una convinzione analoga a quella che leggiamo nella seconda Lettera ai Tessalonicesi: "Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà essere rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando sé stesso come Dio" (2 Tes 2,3-4)" (Bibbia di Navarra, Nuovo Testamento, nota ad Ap 11,1-13, p 778).

 

VISIONE DELLA MISURAZIONE DEL SANTUARIO DI DIO

Si tratta di un’azione simbolica il cui modello è già presente in Ez (cfr. Ez 40,3 ss) avvenuta in visione: il tempio di Gerusalemme, infatti, quando fu scritta l’Apocalisse, era stato già distrutto (29 agosto 70 d.C.). Il parallelismo con Ez 40,3 ss, emergere, però, anche le differenze con quel testo: a "misurare" non è più un angelo, ma il veggente stesso. Nel Cap. 10 gli è stato dato l’ordine di mangiare e di profetizzare. Avendo assimilato il piccolo libro ora è capace di entrare come attore nello svolgimento della storia della salvezza. Interviene, ora, dunque, in qualità di profeta.

(1) POI MI FU DATA UNA CANNA

(N.d.R. = Si tratta di una canna da misura. Da chi fu data questa canna a Giovanni? Da un Angelo. = N.d.R.)

SIMILE AD UNA VERGA

(N.d.R. = Questa canna ha l’aspetto e la lunghezza di un bastone da viaggio. "Ezechiele e i veggenti che a lui si ispirano parlano soltanto di una "canna", mentre Giovanni qui sente il bisogno di specificare che essa è simile "ad un bastone". Forse vuoi dire che non si tratta soltanto di una misurazione protettiva della parte santa di Israele, ma che essa implica anche una dimensione di castigo per le genti pagane e/o infedeli" (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 177) = N.d.R.)

E MI FU DETTO: "ALZATI E MISURA IL SANTUARIO DI DIO

(N.d.R. = A) Giovanni scrive l’Apocalisse nel 95 d.C. - A quale tempio si riferisce Giovanni, dal momento che quello di Gerusalemme, era stato distrutto 25 anni prima? Il testo greco ci aiuta a rispondere a questa domanda. Il termine usato da Giovanni in greco è "TON NAON" (NAOS), che indica il santuario, ossia il Santo dei Santi, indica cioè la parte dell’edificio più santa che è il tempio propriamente detto. Non è usato il termine greco "ieron" che indica tutto l’edificio nella sua struttura muraria. Giovanni non si riferisce al tempio di Erode, distrutto proprio allora, ma al tempio che era stato stabilito da Salomone. Ma siccome quel tempio era stato distrutto, è evidente che qui ci si riferisce ad una rappresentazione simbolica del tempio di Gerusalemme, per poi riferirsi al vero tempio di Dio che è la Chiesa di Cristo e ai suoi veri credenti. B) Certamente qui non si parla del Tempio del Cielo (cfr. v. 19) che non può essere profanato in alcuna parte. Il tempio da misurare non può essere quello del cielo, che è inaccessibile agli uomini; non può essere il tempio di Gerusalemme, allora in rovina: il tempio è dunque una figura, un simbolismo per riferirsi alla Chiesa di Cristo, la Chiesa Cattolica, la Chiesa di Gesù Cristo in quanto società visibile composta di buoni e cattivi. C) "Questo paragrafo presuppone un’accezione spirituale delle parole tempio, altare, ecc. Non si fa questione della costruzione, ma della comunità. /.../ Il tempio simboleggia la Chiesa, l’atrio esterno è immagine degli increduli, siano essi giudei o pagani! Il tempio, la città santa: si tratta della Chiesa cristiana, definita simbolicamente: 1) sia come tempio riservato, 2) che come atrio consegnato ai pagani, 3) sia come città santa che come città calpestata dai pagani" (L’Apocalisse di S. Giovanni, traduzione e commento di Pierre Prigent, Borla, 1985, pp. 315-317). D) Essa sta per essere provata dalla più terribile persecuzione (quella dell’Anticristo) e, come in Ezechiele i fedeli erano stati segnati col TAU e preservati, così ora Giovanni deve misurare coloro che adorano nel tempio, cioè i fedeli, che appartengono alla parte santa della Chiesa e formano il vero tempio o santuario di Dio. E) L’idea di fondo è questa: la città del vero Dio, la Chiesa, non sarà consegnata alle profanazioni degli avversari, le nazioni; ma Dio abbandonerà loro solo il cortile esteriore e il resto della città santa, che diventa così il simbolo della città di Satana. "Gerusalemme sarà calpestata dai gentili, fino a che siano compiuti i tempi dei Gentili" (Lc 21,24).

F) "Giovanni è interessato a dire che la presenza di Dio (il tempio) e la vera Chiesa (l’altare) sopravvivranno alla distruzione di Gerusalemme" (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 176). In questo modo è predetta un’epoca di dominazione pagana esteriore, che però non impedisce né la vita né lo sviluppo della Chiesa. G) Dopo queste precisazioni si capisce meglio che in questo versetto "misurare" significa "preservare". Questa misurazione locale equivale, sostanzialmente, al contrassegno posto sulla fronte degli eletti in Ap 7,1-4: la Chiesa sarà preservata dal prevalere delle forze infernali (cfr. Mt 16,18) che lanciano contro di essa, gli infedeli.

Per "TEMPIO DI DIO" bisogna intendere un’espressione simbolica per indicare i veri credenti, il popolo di coloro che sono rimasti fedeli, il "resto di Israele" = N.d.R.).

E L’ALTARE ED IL NUMERO DI QUELLI CHE VI STANNO ADORANDO.

(N.d.R. = Tutto questo serve per stabilire una netta linea di divisione tra le parti che saranno abbandonate alla profanazione, e le parti che verranno risparmiate. Nei tempio c’erano due altari: 1) quello d’oro dei profumi, che stava nel luogo santo davanti alla cortina che divideva questo dal luogo Santissimo, 2) e c’era l’altare di rame - assai più grande - per gli olocausti, situato nel cortile davanti al luogo santo. L’altare qui menzionato deve essere l’altare degli olocausti, perché Giovanni deve contare quelli che vi adorano, cioè i veri servi fedeli di Cristo = N.d.R.)

(2) MA L’ATRIO CHE È FUORI DEL SANTUARIO

(N.d.R. = il cortile dei gentili - cfr. Mt 21,12 = N.d.R.)

LASCIALO DA PARTE E NON LO MISURARE, PERCHÉ È STATO DATO IN BALIA DEI PAGANI, I QUALI CALPESTERANNO LA CITTÀ SANTA, PER 42 MESI

(N.d.R. = A) "42 mesi". Inizia qui la determinazione - che verrà spesso ripetuta - del tempo limitato di 3,5 anni che corrisponde sia al regno malvagio dell’Anticristo - 42 mesi durante i quali la Bestia che sale dal mare (l’Anticristo) avrà potere di agire - (Ap 13,5); sia alla missione dei due Testimoni di 1260 giorni (Ap 11,3), sia al tempo in cui la Donna, la Chiesa, 3 anni e mezzo (un tempo - due tempi e la metà di un tempo) starà nel deserto (Ap 12,6). Tutti questi spazi di tempo si riferiscono ad uno stesso periodo, ad un unico periodo di 3 anni e mezzo che comprende il regno dell’Anticristo, che muoverà contro la Chiesa la più terribile persecuzione che ci sia mai stata. Lo stesso periodo di tempo (3,5 anni) viene espresso in modo diverso, utilizzando riferimenti diversi, proprio per circoscrivere quel tempo con precisione, per escludere riferimenti vaghi o solo simbolici. B) La parte esterna della Chiesa è stata data in balia dei pagani che calpesteranno la città santa. Gerusalemme è simbolo della Chiesa, la quale sarà - nella sua parte esterna - devastata e pervertita in parte dall’Anticristo per 3 anni e mezzo. Non tenere conto dell’atrio dei gentili significa non tenere conto dei cristiani deboli e di vita rilassata e mondana, perché questi abbandonata la fede - e quindi caduti nell’APOSTASIA - si uniranno all’Anticristo e ai suoi seguaci. C) Per "il cortile fuori del tempio, dato in balia dei pagani" si intendono allora tutti coloro che, sebbene in apparenza appartengano alla Chiesa, non sono veri credenti e quindi si faranno coinvolgere in un movimento di APOSTASIA (cfr. 2 Tess 2,3), in questo senso "i pagani" calpesteranno il cortile esterno della Chiesa: i nuovi paganesimi, le nuove idolatrie saranno accolte da coloro che già in precedenza zoppicavano vistosamente nella vera fede. D) "La frase evoca vari paralleli profetici (Is 63,18; Dn 8,10-13; Zc 12,3) e più ancora la parola dell’APOCALISSE SINOTTICA: "Gerusalemme sarà calpestata dai pagani fino a che non sia compiuto il tempo dei pagani" (Lc 21,24). I pagani calpesteranno la città santa: cioè ci sarà l’invasione e la profanazione del luogo santo, da cui però è preservato il vero e proprio santuario, i veri adoratori, i fedeli a Cristo.

I veri credenti non saranno toccati da questo veleno (soprattutto da quello dell’Anticristo); i falsi credenti, invece, che sono nel "cortile esterno", abbandonata la fede, si uniranno ai persecutori, ai falsi profeti, all’Anticristo, accettandone la dottrina, lo stile di vita, e il loro destino di morte. E) L’epoca delle nazioni, in cui i pagani calpesteranno il cortile esterno, durerà 42 mesi; tre anni e mezzo, 1260 giorni (11,3; 12,6.14; 13,5): ovunque è l’indicazione d’un tempo determinato di sofferenze e di persecuzioni per la Chiesa.

F) S. Agostino afferma: "È stato chiamato fuoco che discende dal cielo quella sventura che si abbatterà sui persecutori della Chiesa, che Cristo venendo troverà vivi sopra la terra quando ucciderà l’Anticristo con il soffio della sua bocca (cfr. 2 Tes 2,8; Is 11,4). Quest’ultima persecuzione, che avverrà ad opera dell’Anticristo, come abbiamo già detto in questo libro (Ap 11,2; Ap 13,5), e come si trova scritto nel profeta Daniele (Dn 12,7), durerà tre anni e sei mesi. È legittimo domandarsi se questo tempo, per quanto esiguo, appartenga ai mille anni, nei quali si dice che il diavolo è legato e i santi regnano con Cristo, o se invece a quegli anni debba essere aggiunto dall’esterno come un breve intervallo di tempo" (La Città di Dio, XX,13, Rusconi, 1992, p. 1016). Qualcuno pensa che forse i tre anni e mezzo non vanno presi alla lettera ma sono solo un numero simbolico per indicare un tempo notevole, ma limitato.

G) "Queste precisazioni si basano sui testi di Daniele, dove si fa riferimento alla persecuzione di Antioco IV Epifane (167-164 a.C.) sferrata contro i Maccabei, che profana il tempio, introducendovi la statua di Zeus Olimpico (cfr. 1 Mac 1,54) e proibisce ai giudei l’esercizio della loro religione, e particolarmente il rispetto del sabato e delle feste. La sua persecuzione durò di fatto tre anni e alcuni giorni. Giovanni ha fatto ricorso all’approssimazione perché i tre anni e mezzo, sono il tempo che corrisponde alla metà della settantesima e ultima settimana d’anni del piano di Dio, di cui elenca le tappe (Dn 9). /.../ La persecuzione è permessa da Dio, ma è strettamente delimitata nel tempo: è un tempo di prova, ma una prova che Dio limita. Giovanni rispetta la portata simbolica offertagli da Daniele: 42 mesi è il tempo in cui la città santa si trova in balia dei pagani. /.../ Persecuzione misurata. Come non fare il confronto con la prima immagine usata in Ap 11, dove la comunità dei santi dev’essere misurata? La misura consiste nel consegnare ai pagani una parte del sacro recinto" (L’Apocalisse di S. Giovanni, traduzione e commento di Pierre Prigent, Borla, 1985, pp. 319-320). Antioco Epifane è figura dell’Anticristo, il quale proibirà ai cristiani l’esercizio della loro religione, il rispetto della domenica e quanto altro è legato tipicamente al culto cristiano. La persecuzione dell’Anticristo durerà 3,5 anni. H) "Prima del suono della settima Tromba, l’episodio dei due Testimoni. Esso richiama a Ez 40,3-41,13. I 42 mesi, tre anni e mezzo, ricordano la durata della persecuzione di Antioco Epifane contro la nazione ebraica, divenuta tipica di ogni persecuzione, quindi anche di quella cui faranno cenno i capitoli seguenti" (Pietro Rossano, Apocalisse, Supplemento n. 1 a Famiglia cristiana, 12/12/2004, nota 11,1, pp. 64-65) = N.d.R.).

 

VISIONE DEI DUE TESTIMONI

(3) MA FARÒ IN MODO CHE I MIEI DUE TESTIMONI, VESTITI DI SACCO,

(N.d.R. = A) I due testimoni sono presentati per mezzo dell’articolo determinativo, come esseri ben conosciuti, o già conosciuti. Essi appaiono all’improvviso con l’articolo determinativo, senza alcuna presentazione, appunto come se si trattasse di due realtà già conosciute o dall’autore o dal lettore del testo. B) "Vestiti di sacco": segno di penitenza, cfr. Mt 3,4. C) Per più di un motivo noi riteniamo che questi due testimoni siano due individui precisi, due personaggi storici, concreti e specifici: 1) sia per il paragone con i due olivi, Giosuè e Zorobabele, che erano innegabilmente due individui precisi; 2) sia per la descrizione della loro morte: a) infatti "i vari significati collettivi, le immagini e i simboli, i personaggi simbolici, le personalità collettive, - con cui si è cercato di spiegare i due testimoni - le immagini della missione profetica, le figure che simboleggiano la missione profetica della Chiesa nel mondo, "le personalità corporative", cioè i personaggi che appaiono come individui, ma che rappresentano insiemi umani più complessi" (cfr. Edmondo Lupieri, op. cit., 179) non possono diventare cadaveri che stanno tre giorni in una piazza, impedendo che vengano messi in un sepolcro; tanto meno risorgono dopo tre giorni! b) è detto di loro: "i loro cadaveri rimarranno esposti sulla piazza della grande città, che simbolicamente si chiama Sòdoma ed Egitto, dove appunto il loro Signore fu crocifisso". Ora non ci risulta che i vari simboli, le immagini collettive, l’insieme dei profeti di tutti i tempi, i personaggi simbolici, le personalità collettive, - con cui si è cercato di spiegare i due testimoni - le immagini della missione profetica, possano diventare cadaveri che rimangono esposti per tre giorni a Gerusalemme; c) i simboli collettivi, le immagini, l’eventuale insieme dei profeti di tutti i tempi, i personaggi simbolici, le personalità collettive, le immagini della missione profetica, non hanno niente a che vedere con la possibilità che "uomini di ogni popolo, tribù, lingua e nazione vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo e non permetteranno che i loro cadaveri vangano deposti in un sepolcro". d) Infine perché risulta con certezza che i simboli collettivi, le immagini, l’eventuale insieme dei profeti di tutti i tempi, i personaggi simbolici, le personalità collettive, le immagini della missione profetica - con cui si è cercato di spiegare i due testimoni - non hanno niente a che vedere con la possibilità che "gli abitanti della terra faranno festa su di loro, si rallegreranno e si scambieranno doni, perché questi due profeti erano il tormento degli abitanti della terra. Ma dopo tre giorni e mezzo, un soffio di vita procedente da Dio entrò in essi e si alzarono in piedi, con grande terrore di quelli che stavano a guardarli. Allora udirono un grido possente dal cielo: "salite quassù" e salirono al cielo in una nube sotto gli sguardi dei loro nemici". Insomma questi due personaggi, profetizzano, poi muoiono, i loro cadaveri sono esposti per 3 giorni e mezzo e viene impedita la loro sepoltura.

Poi risorgono per un miracolo di Dio e salgono al cielo in una nube. Ce n’è abbastanza per dire che non si tratta certamente di figure collettive, non è la somma di tutti i testimoni e di tutti i profeti, non sono personaggi simbolici, "personalità collettive" o corporative, immagini della missione profetica, perché non ci risulta che tutte queste figure collettive, corporative b simboliche, dopo una loro impossibile morte, al terzo giorno siano risorti! Non possono diventare cadaveri, non possono stare tre giorni e mezzo in una piazza impediti di essere messi in un sepolcro, e non risorgono salendo sulle nubi! = N.d.R.)

COMPIANO LA LORO MISSIONE DI PROFETI PER 1260 GIORNI

(N.d.R. = 1260 giorni: cioè per tutto lo stesso tempo in cui regnerà l’Anticristo. Secondo alcuni commentatori questi due testimoni non sarebbero da identificare in due persone concrete, ma sarebbero il simbolo della Chiesa fedele, dei veri evangelizzatori che sono inviati "a due a due". Sarebbero i rappresentanti tipici d’una specie, di una collettività. Sempre secondo alcuni commentatori, 1260 giorni non corrisponderebbero a 3 anni e mezzo, ma corrisponderebbero — in modo simbolico — al periodo di tempo che va dall’Ascensione di Gesù al Giorno del Giudizio universale, cioè a tutto il tempo della Chiesa. Si noti che l’affermazione è una tautologia, cioè non è per niente motivata: chi afferma questo non sa dare una spiegazione a questa interpretazione. Perché tutto il tempo della Chiesa dovrebbe essere rappresentato da un periodo di 3 anni e mezzo? Da 1260 giorni? Da 42 mesi? Noi riteniamo che questo modo di procedere, sia un modo chiaro di evaporare la specificità dell’Apocalisse: là dove un’indicazione è ripetuta più volte e in modo preciso è davvero difficile pensare che si tratti solo di un astratto simbolismo. Fate il calcolo. Quanti sono 1260 giorni? Quanti sono 42 mesi? Sono 3 anni e mezzo? Fissate bene questi 3 anni e 1/2, fissateli bene! Perché questo è il tempo dell’Anticristo escatologico. Allora per 3,5 anni Gerusalemme, la città Santa, sarà calpestata; certamente per città santa, non si intende solo Gerusalemme, la città quella fisica, ma la città Santa sarebbe la Chiesa, sarebbero "i fedeli di Gesù", sarebbero i veri seguaci di Gesù. "I miei due Testimoni vestiti di sacco". Vestirsi di sacco è una chiara allusione alla penitenza. Vestono come S. Francesco. Essi invitano alla conversione, come appare dagli abiti di sacco che indossano. = N.d.R.).

(4) QUESTI SONO I DUE OLIVI

(N.d.R. = A) Si allude a Zac 4,1-4 dove i due olivi stanno uno a destra e l’altro a sinistra del candeliere a Sette braccia. Dei due olivi è detto: "Questi sono i due consacrati che assistono il dominatore della terra" (Zc 4, 4) e rappresentano il principe Zorobabele, il potere temporale, (che fu il condottiero del primo nucleo di ebrei reduci dall’esilio di Babilonia - cfr. Esdra 2,2) – e il Pontefice, il Sommo Sacerdote, Giosuè, il potere spirituale, cioè due persone concrete. Entrambi iniziarono i lavori di ricostruzione della Casa di Dio e poi Zorobabele riorganizzò la Festa dei Tabernacoli e portò a termine i lavori del Tempio. B) I DUE OLIVI simboleggiano che i due testimoni hanno l’unzione dello Spirito Santo, e che devono fornire l’olio della fede nelle lampade dei fedeli, perché essi possano sempre ardere davanti a Dio. C) Nell’Apocalisse i due Testimoni sono simboleggiati anche con due CANDELIERI, per indicare che essi devono, come candelieri, appunto, far risplendere la luce delle divine verità. "Il dominatore della terra è ...Gesù, di fronte al quale stanno i due olivi-lucernieri-testimoni. Che i due testimoni siano esseri umani si vedrà nel prosieguo della narrazione, in cui saranno uccisi" (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 177) = N.d.R.)

E LE DUE LAMPADE CHE STANNO DAVANTI AL SIGNORE DELLA TERRA.

(N.d.R. = A) L’espressione "che stanno davanti al Signore", ricorda chiaramente l’espressione usata da Elia profeta. "Elia il Tisbita disse ad Acab: "Per la vita del Signore Dio di Israele, ALLA CUI PRESENZA IO STO, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo dirò io" (1 Re 17,1). "Di solito si vedono le analogie con Elia e Mosè, ma già gli antichi mostravano dubbi interpretativi in proposito, giacché i due testimoni paiono pienamente inseriti nell’economia del Nuovo Testamento, e quindi dovrebbero essere personaggi cristiani o cristianizzati. /.../ Vi è chi vede in essi due personaggi biblici che si riteneva non fossero mai morti (Enoch ed Elia) e chi si spinge a vedervi Pietro e Paolo, uccisi a Roma" (Edmondo Lupieri,op. cit. pp. 178-179).

B) "Sono state date molte interpretazioni di questi due personaggi enigmatici (Elia ed Enoch, Giosuè e Zorobabele, Elia e Mosè, Pietro e Paolo, gli Apostoli, ecc.).

Probabilmente si tratta, più che di personaggi identificabili in questa o quella figura storica passata o futura, di uno schema più generale, applicabile a vari personaggi concreti. Nel contesto di tribolazione emergeranno nel popolo di Dio alcune figure esponenziali, rappresentative, le quali saranno caratterizzate da una sacralità permanente, inerente alla loro azione (v.4); incarneranno di nuovo, testimoniandola così agli altri, la potenza della Parola di Dio, già operante in Elia, Mose, Aronne e altri personaggi dell’AT. (cfr. 1 Re 17,1; Es 7,17.19-20) e saranno anche sconfitti dalle forze ostili, partecipando così alla crocifissione di Cristo (vv. 5-8); avranno poi un loro trionfo che li associerà alla risurrezione di Cristo" (Ugo Vanni, Apocalisse, Queriniana, 2003, pp. 45-46).

C) "I due personaggi annunciati da Zaccaria vengono intesi come profeti. /.../ I due Testimoni sono inviati da Dio per compiere a suo nome una missione ben precisa. /.../ In missione, i due Testimoni sono invulnerabili. /.../ I due testimoni hanno potere di impedire il cadere della pioggia. In questo operano alla maniera di Elia (cfr. 1 Re 17,1; Sir 48,3). /.../ Come Mosè possono cambiare l’acqua in sangue (Es 7,17). È interessante notare che questa piaga ha ugualmente ispirato la descrizione della 2ª Tromba (Ap 8,8) e della 2ª Coppa (16,3). Se il ministero dei due Testimoni comporta anche questo segno, vuol dire che esso fa veramente parte integrante della storia della Fine, quale Dio l’annuncia e realizza. /.../ Ma i due Testimoni sembrano investiti di un’autorità più grande di quella dei più grandi profeti della storia d’Israele. Possono infatti scatenare i flagelli "ogni volta che lo vogliono" (L’Apocalisse di S. Giovanni, Pierre Prigent, Borla, 1985 pp. 329-332) = N.d.R.)

 

I DUE TESTIMONI

Dall’elenco delle proposte fatte scartiamo sicuramente Pietro e Paolo (non possono essere loro perché sono già morti martiri e poi a Roma e non a Gerusalemme); gli Apostoli (non risulta da nessuna parte che sono stati martirizzati due Apostoli insieme e che poi, insieme siano risorti dopo 3 giorni). I due Testimoni sono anche assimilati ad Elia e a Mosé. Elia fece scendere il fuoco dal cielo (2 Re 1,10.12) e prima aveva impedito alla pioggia e alla rugiada di cadere. Mosé cambia l’acqua in sangue. I due Testimoni compiranno gli Stessi prodigi. La loro missione durerà 1260 giorni.

5) SE QUALCUNO PENSASSE DI FAR LORO DEL MALE, USCIRÀ DALLA LORO BOCCA UN FUOCO CHE DIVORERÀ I LORO NEMICI

(N.d.R. = Allude al fuoco che Elia fece scendere dal cielo - cfr: 2 Re 1,10; Sir 48,l.5 = N.d.R.)

COSÌ DEVE PERIRE CHIUNQUE PENSI DI FAR LORO DEL MALE.

(N.d.R. = cioè per mezzo del fuoco venuto dal cielo = N.d.R.)

(6) ESSI HANNO IL POTERE DI CHIUDERE IL CIELO.

(N.d.R. = Come fece Elia al tempo di Acab cfr. 1 Re 17,1; Gc 5,17 = N.d.R.)

PERCHÉ NON CADA PIOGGIA NEI GIORNI DEL LORO MINISTERO PROFETICO. ESSI HANNO ANCHE IL POTERE DI CAMBIARE L’ACQUA IN SANGUE

(N.d.R. = Come fece Mosé - cfr. Es 7,19-21; 8,2 = N.d.R.)

E DI COLPIRE LA TERRA CON OGNI SORTA DI FLAGELLI TUTTE LE VOLTE CHE LO VORRANNO.

(N.d.R. = A) Come fece Mosé con l’Egitto percosso con le 10 piaghe. Dio quindi darà a tutti e due i "due Testimoni" lo stesso potere dei miracoli uguale a quello che ebbero Mosè in Egitto ed Elia al tempo di Acab. Solo che i due Testimoni hanno più potere perché potranno agire tutte le volte che lo vorranno. B) "I due testimoni agiscono sul "cielo", sulle "acque" e poi sulla terra, che dovrebbe essere quindi tutta la terra, Il fatto che essi siano introdotti subito dopo la misurazione del tempio e che si dice che essi agiscono per la stessa durata di tempo, in cui la città santa è calpestata, fa pensare che il loro potere, che interessa tutto il cosmo, si rivolgerà con particolare attenzione alla Terra Santa. Il fatto poi che essi colpiscano tale terra con "piaghe", fa pensare. che essa sia in qualche modo omologa dell’antico Egitto" (Edmondo Lupieri, op. cit., p. 180) = N.d.R.)

 

CHI SONO I DUE TESTIMONI DELL’APOCALISSE?

Praticamente da sempre si è cercato di capire chi siano o chi possano essere questi due grandi Testimoni escatologici di Gesù.

In una delle collane di formazione biblica più diffusa, "IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA", su questo tema è detto: "... Chi sono i due Testimoni?..": le risposte che la storia dell’esegesi ci documenta sono le più disparate. Riassumiamo schematicamente le principali: 1) "I due Testimoni sono personaggi reali dell’A. T.: ELIA ed ENOCH (Ippolito, Tertulliano, Girolamo, Giovanni Damasceno, Pier Damiani, Alcuino); 2) ELIA e MOSÈ (Bousset, Weiss, Allo). Sono personaggi reali del N. T.: Pietro e Paolo (Mariana, Munk, Bartina, Boismard); Giacomo e Giovanni (Hirsch). 3) Due giudei convertiti (Gelin). 4) Due personaggi futuri da identificare (Haugg. Zahn); ecc. 5) I due Testimoni esprimono personaggi simbolici (Feuillet, Brùtsch, Rissi)" (Il messaggio della salvezza - IV Edizione - Elle Di Ci, Torino, Leumann 1984 - vol.8, pag. 429-434 - Il problema ermeneutico ed esegesi dei singoli versetti di Ap. 11,1-13). Scartiamo, di queste interpretazioni, Pietro e Paolo, Giacomo e Giovanni, tutti già morti e in paradiso - e tranne Giovanni - tutti anche già martiri, per cui è impensabile che ritornino per morire di nuovo, essere cioè martirizzati di nuovo e poi risorgere. Scartiamo pure due giudei convertiti, perché da nessuna parte nel testo - in qualche modo - si evince che siano due giudei convertiti! L’affermazione poi che si tratta di "due personaggi futuri da identificare" è una vera tautologia, cioè non dice ... nulla, si limita a constatare l’ovvietà! Abbiamo già scartato l’ipotesi minimale che si tratti di personaggi simbolici. L’indicazione che si trova più frequentemente, che ha ricevuto più riscontri autorevoli, sia nelle opere antiche che in quelle moderne, è che i due Testimoni dell’Apocalisse sono Enoch ed Elia.

 

OPERE ANTICHE

A) La maggior parte dei Padri e la maggior parte degli interpreti ritengono che questi due Testimoni mandati da Dio per opporsi all’Anticristo, siano ENOCH ed ELIA, i quali non sono morti, ma hanno lasciato il mondo in modo misterioso (cfr. Elia: 2Re 2,1-12; 1 Mac 2,58; Sir 48,1-11; Mal 3,23-24; Mt 17,10-12) (cfr. Enoch: Gen. 5,24: Ebrei 11,5; Sir.44,16; Sir. 49,16). Che Elia debba venire alla fine del mondo per preparare gli uomini alla venuta di Gesù Cristo giudice, è indubbio per la testimonianza esplicita di Malachia (4,5) e del Vangelo (cfr. Mt 17,11.12; Lc 1,17). Alcuni (per es. Sant’Ilario fra gli antichi, Brassac fra i più recenti) fondandosi sul testo di Malachia (4,4-5) pensano che il secondo testimone sia Mosè. La più grave difficoltà contro questa opinione sta nel fatto che Mosè è già morto e non sembra ammissibile che debba morire una seconda volta. Altri studiosi, per questi due testimoni, intendono tutti i predicatori di tutti i tempi, i quali sempre, ma specialmente durante la grande persecuzione dell’Anticristo, non cesseranno di esortare gli uomini alla penitenza. Vedremo che questa spiegazione può essere accolta solo in seconda istanza e nell’ambito di un’attualizzazione per una riflessione spirituale, ma non corrisponde - in prima istanza - alle intenzioni del testo.

B) S. IRENEO di LIONE: "Enoch piacque a Dio e fu trasferito (all’altra vita) col corpo, indicando in antecedenza la traslazione dei giusti. Elia fu assunto così com’era nella natura umana, annunziando profeticamente l’assunzione degli spirituali: il corpo non impedì loro la traslazione e l’assunzione; da quelle mani che al principio li plasmò, furono assunti e trasferiti. /.../ Ora dove fu posto il primo uomo? Nel paradiso, dice la Scrittura (Gen 2,8). Di lì fu cacciato in questo mondo per la sua disobbedienza. Perciò i presbiteri, discepoli degli Apostoli, dicono che i giusti che ebbero questo privilegio, furono portati colà - per i giusti infatti che possiedono lo Spirito è preparato il paradiso, dove fu trasportato anche l’Apostolo Paolo udendo parole indicibili per noi adesso (cfr. 2 Cor 12,4) - e ivi rimangono fino alla fine del mondo, pregustando l’incorruzione.. /.../ Quelli che furono trasferiti (Enoch ed Elia) vivono secondo il modello della futura lunghezza dei giorni" (Contro le eresie, V,5,1).

C) S. GIOVANNI CRISOSTOMO: "/.../ Giovanni...e precursore della prima venuta di Cristo, Elia...precursore della seconda venuta di Cristo" (Panegirici su S. Paolo, Città Nuova Editrice 1988, a pag.33).

D) CROMAZIO DI AQUILEIA: "Elia ne fu così poco contaminato (si sta parlando dei cibi immondi) che, non solo non commise fallo, MA FU TRASPORTATO IN PARADISO" (Catechesi al popolo, Città Nuova Editrice, 1979, sermone 25, pp. 165-171).

E) S. AGOSTINO: "Elia tornerà prima della venuta del Salvatore a giudicare, poiché si crede fondatamente che egli sia ancora vivo; la Sacra Scrittura infatti attesta nel modo più inequivocabile che fu rapito e trasportato su un carro di fuoco lontano dalle realtà umane" (La Città di Dio, XX, 29, Rusconi, 1992, p. 1052).

F) "S. GIROLAMO: (Epistola 59) dice che i due Testimoni sono Elia ed Enoch, e così interpreta, fra altri autori, anche San Gregorio Magno (Moralia, 9,4) (cfr. La Bibbia di Navarra, op. cit., nota ad Ap 11,3-6, p. 780).

G) Verso il 133-135, l’Apocalisse di Pietro etiopica prevede la venuta di ENOCH ed ELIA durante il dominio dell’Anticristo, per smascherarlo, ma non la loro uccisione per sua mano.

H) "Il testo di S. IPPOLITO è il primo che parla esplicitamente del martirio di ENOCH ed ELIA da parte dell’Anticristo; quanto egli dice dei due personaggi deriva da Ap 11, salvo la loro identificazione e, a quel che sembra, il fatto che essi smaschereranno le pretese di autodivinizzazione dell’Anticristo. Secondo Bauckam, Martydom, l’attesa del ritorno escatologico di ENOCH ed ELIA è già una tradizione giudaica, come pure, probabilmente nelle Rivelazioni dello Ps. METODIO, e forse quella di uno smascheramento dell’Anticristo da parte loro (Apoc. Petri, Efrem greco), mentre l’idea di un loro martirio è cristiana e proviene da Ap 11. In questo senso andrebbe corretto Bousset, che attribuisce alla tradizione precristiana anche il martirio; tuttavia che la morte, e perfino la resurrezione, dei due profeti provengono dalla tradizione giudaica, è stato riaffermato ripetutamente anche di recente, con argomenti che meritano considerazione (cfr. Muller, Offenbarung, Exkurs 5, pp. 218-221). /.../ La larga fortuna dei nomi di Enoch ed Elia come candidati al ritorno escatologico è stata certo favorita dal diffondersi dell’idea che essi soli non erano morti (fondata su Gen 5,24 e 2 Re 2,1-12) ma erano custoditi in paradiso (cfr. S. Ireneo, Adv. Haer, V. 5,1)" (Biblioteca patristica, Ippolito, L’Anticristo, EDB, 1987, pp. 227-228).

I) S. GIOVANNI DAMASCENO (Padre della Chiesa / 650-750 d.C.). Quando verrà l’Anticristo "saranno inviati Enoch ed Elia Tisbita, che convertiranno il cuore dei padri verso i figli (cfr. Ml 3,22 ss) e cioè la Sinagoga al nostro Signore Gesù Cristo, e al messaggio degli Apostoli - e saranno tolti di mezzo da lui (cioè dall’Anticristo). Verrà il Cristo dal cielo, nel modo in cui i santi apostoli lo videro salire al cielo (cfr.At 1,9 ss), uomo perfetto e Dio perfetto, con gloria e potenza (cfr. Mt 24,30 ss), e toglierà di mezzo l’uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, con il soffio della sua bocca (cfr. 2 Tes 2,8). Perciò nessuno aspetti il Signore dalla terra, ma dal cielo, come egli stesso ha garantito" (Testi patristici, Giovanni Damasceno, La fede ortodossa, Città Nuova, 1998, IV, Capitolo 26, p. 316).

L) "Se l’identificazione con Elia ed Enoch appare antica e largamente diffusa (cfr. W. Bousset, Der Antichrist in der Ueberlieferung des Judentumus, des Neuen Testaments und der alten Kirche. Ein Beitrag zur Auslegung der Apokalypse, Gottimgen, 1895, 134-139; Allo, Excursus 25, 157-161), ciò è dovuto al fatto che si tratta di due uomini di cui l’A.T. afferma che sono stati sollevati da vivi presso Dio. Vittorino nomina Elia e Geremia: quest’ultimo aveva ricevuto la vocazione ad esser profeta delle nazioni. Poiché aveva esercitato il ministero soltanto in seno ad Israele, ed è scomparso senza che si sappia dove sia finito, bisogna ben ammettere che Dio gli avesse preparato l’occasione futura di poter compiere la sua missione" (L’Apocalisse di S. Giovanni, traduzione e commento di Pierre Prigent, Borla, 1985, p. 327, nota 30).

 

 

 

 

 

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Pubblicato da "Profezie per il Terzo Millennio" su autorizzazione del direttore di redazione di "Fede e Cultura", don Guglielmo Fichera.

 


 

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